FAI-Quiz: Chiqué…Ciche…Ciqué…Ciché…Chiché

PUBBLICATO IL 14 Dicembre 2007

Il celebre tango di Ricardo Luis Brignolo Chiqué, interpretato da numerose orchestre tra cui ricordiamo fra tutte quella di Troilo e Pugliese, come si pronuncia ? Una volta un mio amico musicalizadòr, che stimo, lo pronunciò letteralmente così com’è, Chiqué ! Ieri l’ho sentito pronunciare diversamente, Ciche e la cosa non mi meraviglia, perchè la pronuncia trovo che non sia affatto scontata.

Qualcuno di voi conosce la pronuncia esatta ?

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Per chi non ricordasse il celebre brano ecco le versioni di Anibal Troilo, Qui; e di Osvaldo Pugliese, Qui (1963).

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5 commenti

  1. maniacus ha detto:

    Si pronuncia cikè, quando ero a BsAs sono prorpio andato in un locale dopo si praticava il the tango, tra l’altro è un locale bellissimo presso il club espanol in av. Ix de julio; un palazao elegantissimo in stile deco’

  2. pier aldo ha detto:

    La pronuncia è “ciké”, e si tratta di una trascrizione fonetica del termine francese “chic”, ossia “elegante”. Sono molto comuni nel castellano di Buenos Aires (e quindi nel tango) gli inserimenti “aggiustati” di parole straniere, come “orsay” in luogo di “off-side” (fuori gioco), “chofer” al posto di “chauffeur” (autista), ecc…
    Ciao!!
    Pier Aldo

  3. dctango dctango ha detto:

    Grazie Pier Aldo !!!
    Ricordo agli amici di faiblog che il brano in questione è uno di quelli il cui titolo fu sottoposto a censura sotto uno dei tanti regimi che funestarono l’Argentina e fu cambiato in “El elegante” che tutti conosciamo nella versione di Troilo. Cosi come Shusheta o El Aristocrata.
    Correggetemi pure se sbaglio…

  4. dctango dctango ha detto:

    Grazie anche a Maniacus (mi ero perso il suo intervento)

  5. dctango dctango ha detto:

    Un po’ di storia e…per non dimenticare..

    Uno dei tanti golpe militari che devastarono la vita politica argentina dal 6 settembre 1930 al 24 marzo 1976 rovesciò, il 4 giugno 1943, il presidente conservatore Ramón S. Castillo (il quale, detto con il rispetto che merita sì fraudolento defunto, arrivò al potere in seguito a diversi stratagemmi elettorali). Tre generali si avvicendarono illecitamente nella carica di presidente della nazione argentina: lo spettrale Arturo Rawson (effimero come un sospiro di ragazza innamorata, pur se non altrettanto dolce); Pedro Pablo Ramírez (che perdurò fino al marzo 1944) ed Edelmiro J. Farrell (che cedette il governo al presidente costituzionale eletto nel febbraio 1946, Juan Domingo Perón).

    Alla metà del 1943, sotto la presidenza di Ramírez, il governo, esaurito già il suo senno, venne a dare nel più strano pensiero che mai dette pazzo al mondo, e fu che gli sembrò conveniente e necessario, così per accrescimento del suo onore come per servizio alla sua repubblica 2), imporre la censura ai tanghi nei cui testi era incluso qualche termine lunfardo. E non solo lunfardo bensì, in alcuni casi, qualche parola o espressione idiomatica meramente sguaiata o d’uso familiare o orale (lasciando la determinazione del livello della lingua affidato al criterio dell’inclito censore, nella sua sfaccettatura di linguista autodidatta).

    Nell’imbecillità estrema confluiscono la tragedia e la baldoria. Vediamo qualcuno dei sorprendenti fiori all’occhiello ottenuti dalla purga.

    Il tango Shusheta di Enrique Cadícamo (1920) fu ribattezzato come El aristócrata e Chiqué, di Ricardo Luis Brignolo (1920), come El elegante.

    In Esta noche me emborracho, di Enrique Santos Discépolo (1928), il novenario «sola, fané, descangayada» fu tradotto con una sillaba in più, in stile idiota, come «sola, deslucida y averiada» (sembrando quest’ultimo aggettivo più applicabile a macchine che a donne). Il tango Chorra sempre di Discépolo (1928) subì parecchio scompiglio: la furiosa apostrofe «Chorra, vos,tu vieja y tu papá» del povero infelice che la terribile famiglia della moglie ha lasciato in miseria, si tramuta in monito di suora d’un romanzo ottocentesco ad una qualche educanda con tendenze cleptomani: «Ladrona, tú, tu padre y tu mamá»

    La meravigliosa sordidezza di El ciruja (Francisco Alfredo Marino, 1926) — che raccoglieva residui nella spazzatura — si trasformò in El recolector, lindo collezionista, forse delicato numismatico o sottile filatelico.

    Mi noche triste (Pascual Contursi, 1917) inizia con un ottonario insuperabile, ma «percanta que me amuraste» passò ad essere «muchacha que me dejaste», ove muchacha non implica l’aggettivazione che pervade percanta ed ove dejaste è verbo carente dei sottintesi avverbi che contiene amuraste.

    Conclusione ovvia: togliere ai tanghi le espressioni “lunfarde” e/o pittoresche e/o familiari produce effetti così catastrofici, sterili e paralizzanti come quelli che verrebbero scatenati dallo strappare a Luis de Góngora gli iperbati o dall’emendare il Martin Fierro dalla morfologia “gauchesca” del suo vocabolario.

    Per sollecitare l’abrogazione della norma demenziale dodici padri (giacché dodici sarà meglio chiamarli apostoli) del tango (Santiago Adamini, Lito Bayardo [Manuel Juan García Ferrari], Enrique Cadícamo, Francisco Canaro, Charlo [Juan Carlos Pérez de la Riestra], Homero Manzi[one], Enrique P. Maroni, José Razzano, Luis Rubinstein, Rodolfo Sciammarella, Aníbal Troilo e Alberto Vacarezza) il 25 marzo 1946 ottennero un incontro con il presidente Juan Domingo Perón.

    Alberto Vacarezza — l’ispirato autore della farsa delle farse El conventillo de la Paloma (1929) — scrisse anche i testi di vari tanghi di fama. Alcuni giorni prima dell’incontro con il presidente un borsaiolo gli aveva rubato il portafogli sul tram, fatto minore che tuttavia giunse a terze persone.

    Homero Manzi fu incaricato di presentare in successione ed individualmente gli artisti a Perón che li salutava ad uno ad uno. Quando Manzi disse «Alberto Vacarezza» Perón gli strinse la mano ed esclamò, fra il sorridente e lo stupito:

    —Don Alberto! Así que en el bondi le afanaron la billetera?
    I tangueros scoppiarono in una cordiale risata: avevano capito che la censura al lunfardo era appena stata soppressa.

    Grazie a Dio.

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