Intervista ad Alberto Colombo

PUBBLICATO IL 8 Aprile 2008

Ho parlato con Alberto Colombo, che mi ha spiegato qualcosa sul suo modo di vedere il ballo e di concepire il tango. Lo ringrazio, perchè si è messo a chiacchierare con me con molta tranquillità e serenità. La cosa mi stupisce sempre, soprattutto quando parlo con le persone che fanno del tango il loro interesse principale con risultati come i suoi.

Spesso affronto queste interviste con timor panico (ebbene sì, è davvero così  🙂 ), che deriva dall’aver visto questi personaggi solo sul palco o a lezione in veste di maestri.

Poi inizio a parlare con loro, e questa paura scompare nel fatto di creare un rapporto e nelle risposte franche. Grazie mille, Alberto! 

 

 

Sei stato uno dei primi a ballare in Italia (ovviamente in tempi recenti.. ha iniziato intorno alla fine degli anni ottanta ndr). So che hai iniziato con Silvia Lidinski. Ma che tipo di danza vi proponeva?

 

Silvia è una ballerina di danza che aveva la passione per il tango, pur non avendolo studiato in senso classico. Ma, avendo vissuto la Buenos Aires anche delle milonghe, conosceva molto bene la storia dei luoghi e delle persone. Tanto per capirci, aveva iniziato a chiamare Balmaceda come ballerino nella sua compagnia ben prima che lui fosse conosciuto, per la ragione che approfondendo il ballo in modo da toccare solo in parte il tango, ne era pur sempre interessata.

Il suo era un lavoro di improvvisazione corporale, una sorta di teatro danza che partiva dalla danza contemporanea per ottenere ed usare in modo nuovo il passo di tango. Parlava e riusciva a stimolare i sentimenti delle persone, e l’effetto finale, per me, è stato come se mi spiegasse il francese partendo dall’inglese, perché comunque lei riusciva ad insegnare le lingue!

Insomma, è come se in quel periodo, caratterizzato da una ricerca continua di dinamiche e suoni, lei abbia fatto da trait d’union, da ponte tra la cultura del tango ed i nuovi stimoli ed interessi che coinvolgevano i giovani.

Tieni poi presente che all’epoca il tango qui si conosceva pochissimo, e veramente si era fortunati a conoscere i pochi passi base….

 

Tu vivi e lavori a Milano, una città che io trovo molto particolare come ballo. Infatti, da esterna, ho sempre avuto l’impressione che gli ambienti di ballo di tango fossero impermeabili l’uno con l’altro, senza grossa comunicazione reciproca..

 

Si, in effetti Milano è una realtà un po’ particolare. Considera innanzitutto come è nato e come si è sviluppato qui il tango.

Milano è stata una forte zona di lavoro per il maestro Roldan, che lavora su un tipo di tango molto particolare, quasi apilado, diverso dal salon tipico che si balla quasi dappertutto a Buenos Aires. Io poi sono stato un altro polo di sviluppo e studio: pur ballando con un abbraccio non largo, sono sempre stato definito come uno che balla tango nuevo. Io preferisco definirmi come qualcuno che balla un tango che ricerca, quasi sperimentale. D’altronde avevo visto ballare Veron, Naveira, in jeans, vestiti normali, e quel modello lo sentivo più mio della giacca, cravatta e schiena irrigidita che mi sembrava appartenere ad altri stili.

Di conseguenza a questo modo diverso di vivere ed insegnare si è creata una sorta di divisione del pubblico sulla base di un fatto generazionale, di gusto. Da uno sono andati i giovani che volevano sperimentare, divertirsi, un po’ “cazzoni”, insomma. Dall’altro chi amava di più un modo tradizionale di approcciarsi e di vivere la musica.

In un primo momento questi mondi sono stati veramente molto staccati tra loro. Ora devo dire che la situazione si è molto ammorbidita, e la gente vive molto di più tutti gli ambienti.

La mia percezione in questo momento è che non vi siano intolleranze sulla base del modo di ballare, ma che la gente inizi a girare di più ed a conoscersi di più, ed a mischiare di più il modo di ballare.

Paradossalmente la cosa è un po’ in controtendenza rispetto a quello che ho visto a Buenos Aires, dove viceversa mi sembra che gli ambienti di ballo si stiano specializzando di più.

 

Posso confessarti una cosa? Io quando sono venuta al Bellezza ho ballato pochissimo.. è stato abbastanza frustrante. Ma è così tutta la città?

 

In realtà dipende molto dal locale in cui vai. Il Bellezza, dove organizzo io la milonga, in realtà nasce come pratica post corsi. Diventa allora naturale che la gente giri in gruppo tra i diversi corsi, che ballino tra di loro, e questo si nota tantissimo tra la gente più giovane, che avverte molto forte l’ottica di gruppo.

In altri posti le stesse persone che al Bellezza invitano poco, invitano molto di più e si lanciano anche alla scoperta delle straniere della situazione… Tanto per fare qualche nome alla Comuna Baires, al Caribe, si balla facilmente. Ma ci sono anche altri posti, ora non riesco a nominarli tutti.

Tieni presente che essendo una grossa città, in generale c’è poca curiosità per il forestiero, cosa che magari in città più piccole funziona da richiamo per il ballerino/a che arriva… Poi proprio perché è una città si sente che è un po’ persa la cultura del ballo popolare tout court, quindi ci vuole del tempo per farsi conoscere ed apprezzare.

 

Il tuo modo di insegnare è cambiato negli anni?

 

Certamente si. All’inizio ero molto più sperimentale di adesso, nel senso che il mio era proprio un laboratorio più che un corso tradizionale, non facevo ad esempio ripassi..

Ora certamente ho un sistema di insegnamento che mantiene un certo livello di ballo, con una forte selezione iniziale. Lo dico nel senso che mi piace procedere velocemente, e quindi c’è una selezione naturale tra gli allievi che riescono a seguire e quelli che si stancano, perché procedono più lentamente oppure perché vogliono approfondire in modo diverso le cose.

Devo dire che poi la realtà di Milano, con tanti bravi professionisti che lavorano in un livello medio di insegnamento veramente alto, aiuta facilmente a cercare una propria collocazione.

 

Rimani convinto della scelta di essere un professionista del tango?

 

Devo dire di si. Certamente dopo un certo tempo che fai un lavoro arrivi a fare delle valutazioni e dei riepiloghi, e penso di essere proprio in un momento di analisi.

Ed ho concluso che sono contento della scelta, non cambierei lavoro anche perché quando ti abitui a fare quello che ti piace è difficile cambiare  ed anzi diventi sempre più esigente, vorresti imporre sempre più i tuoi tempi ed i tuoi modi di essere.

Purtroppo quando però scegli un lavoro che è anche la tua passione, devi arrivare a dei compromessi.

Per me il problema più grosso è stato abituarmi a fare delle esibizioni, perchè mi è difficile mettermi a nudo. Pensa che io sono milanese purosangue, ho forte dentro di me l’etica del lumbard, sobrio nella sua cultura industriale, e certamente non ho la vocazione dell’espressione come i popoli sudamericani, e gli argentini in particolare nel tango.

Fortunatamente mi è sempre piaciuto invece insegnare, e questo mi ha portato anche ad accettare i lati che sentivo meno miei di questo ballo.

 

Come ti trovi con Alessandra?

 

Molto bene, direi che siamo assolutamente complementari nel modo di insegnare. Io sono più filosofico, cerco di astrarre e di ritrovare il concetto. Lei è più precisa e concreta. Questo crea un mix veramente ben riuscito.

 

Come vedi il tango di oggi?

 

Sta subendo secondo me una profonda  trasformazione.

Quella che era una sperimentazione iniziata diversi anni fa con Naveira si può dire che si sta esaurendo. Ora in generale in tutto il mondo si torna ad un tango più tradizionale, meno astratto.

Ricordo ancora i lavori di Naveira, che guardava i  passi dei vecchi milongueri e li rivisitava, cercando di capirne le dinamiche e le modalità.

Poi sono arrivati Chicho ed Arce. Chicho è il vero innovatore del tango, continua a ideare anche se sta tornando verso forme più tradizionali, nel suo modo di ricerca disordinato. Arce poi ha dei limiti e delle modalità di lavoro pazzesche, riconoscendogli in ogni caso una capacità di ordine e di trascinamento delle masse unica. Esteban sta proseguendo con una sua ricerca molto raffinata.

Io in tutto questo mi sento un ibrido: Sabino qualche tempo fa mi ha detto che sono vintage…

Cosa vuoi che ti dica? A me piace continuare a sviluppare le forme, capirne le ragioni. E devo dire che i risultati mi piacciono ancora.

 

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8 commenti

  1. Niky ha detto:

    Complimenti ad Aurora.

    Per quanto riguarda il Bellezza vorrei dire che dopo lezione, il martedì, vado volentieri a ballare lì. Ultimamente ho osservato un fenomeno: mi capitava di ballare o con principianti assolute o con ballerine navigatissime.

    Vero quello che dice Aurora: è un circolo un po’ chiuso e non lo dice solo lei…ma c’è modo di divertirsi comunque, qualcuno con cui ballare lo trovi, sempre se lo vuoi trovare….almeno da parte di noi maschietti.

    Giusto come dice Alberto nasce come pratica con i pro e i contro di una pratica e bisogna prenderla un po’ com’è, almeno dal mio punto di vista.

    Poi c’è un lato affettivo perchè i miei primi passi di tango li ho fatti lì e quindi mi fa piacere anche solo respirare l’aria di quel posto.

  2. aurorabeli ha detto:

    Ti confesso che a me quel locale piace molto.. è proprio il tipo di posto dove mi sento a mio agio. Credo sia un circolo Arci (spero che qualche lettore ci confermi la cosa) molto semplice e “popolare”, non impomatato.
    Proprio l’altra sera parlavo con un amico, e con lui ci confessavamo un disagio esistenziale che ci coglie all’ingresso di posti molto impostati e rigidi, come look e ambientazione… concludendo per il fatto che il locale ideale per noi per il tango è un posto tranquillo, dove vivere in relax questo ballo e la socialità legata ad esso.
    Forse è proprio per quello che ero rimasta colpita dal fatto di aver ballato relativamente poco… circostanza che altre ballerine straniere mi avevano confermato.
    Allora ho approfittato per chiedere lumi ad Alberto, che vive il posto e meglio di altri poteva rispondermi.. 🙂

  3. dctango dctango ha detto:

    E’ un cicolo ARCI

  4. aurorabeli ha detto:

    Grazie Nicky 🙂

  5. aurorabeli ha detto:

    Ops… ho fatto un errore: la ballerina con cui ha iniziato Alberto è Silvia Vladimivsky.
    Mi scuso tanto.

  6. aurorabeli ha detto:

    E ringrazio Mario di averlo segnalato
    🙂

  7. Alberto Alberto ha detto:

    Molto interessante questa intervista, grazie Aurora, quardando il video devo dire che mi affascina il modo di ballare di Colombo, questa sua leggerezza nei passi…. l’unica nota che trovo un pò stonata è il suo sguardo che ogni tanto è perso nel vuoto, come se cercasse un punto sul pavimento…. trovo che amplifichi la distanza tra lui e la ballerina, infatti quando si stringono verso la fine mi viene a dire “ah finalmente!”.

  8. angelo ha detto:

    Quando Alberto Colombo parla di stile di tango con “schiena irrigidita” non so bene a cosa si riferisca. A me hanno insegnato che la schiena é dritta, ma le spalle cadono, rilassate, tutt’altro che irrigidite, in modo da assicurare la massima naturalezza nel movimento. Il ricordo più bello che ho di Buenos Aires é di un creolo che aveva un incedere, un camminare, un passo che da solo dava l’idea di una creazione artistica. Quel creolo era talmente naturale nel muoversi che potevi prenderlo, cosi’ com’era, e metterlo in cima a un cavallo nella pampa, o a camminare in Corrientes…e non sarebbe stato diverso. Per quanto riguarda il video trovo il modo della ballare della coppia piuttosto stucchevole, é un po’ un guardare se’ stessi, preoccuparsi di quanto si sta facendo, piuttosto che essere portati dalla musica. Quel creolo di cui sopra, lui si’ che era portato dalla musica, lui si’ che sentiva il tango in ogni parte del suo corpo

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