“Poema circular” un corto per unire due città nel segno dell’abbraccio

PUBBLICATO IL 30 Novembre 2014

Di Franco Garnero

“Poema circular” è un corto di 33 minuti presentato all’Off del Torino Film Festival, edizione 2014. La regia è di Alessandro Avataneo ed è scritto da Monica Mantelli fondatrice di Etnotango, con la partecipazione della Libera Compagnia Musicale Migrante (Antonio Tartaglia, Demetrio Marrara, Elisabetta Fanzago, Francesco Calabrò, Ilaria Doato, Ippolito Ostellino, MariCarmen Lecuna, Mario Gangi, Monica Mantelli, Paolo Sesia, Patrizia Milani, Pierandrea Ferro, Raffaella Riello, Raffaella Virdò, Rosi Papapietro, Valerio Di Monte, Viviana Lovotrico, Anna Foglione, Gianni Lauto, Rosario Rauber, Sylvia Mendoza. Hanno partecipato anche gli Etnotango friends (Alessandro Capellaro, Anna Cervasio, Angela Samiolo, Donatella Capurso, Elena Ferro, Mariateresa Citrino) e con la partecipazione straordinaria di Carolina Gomez (scuola Aires Nuevos di Torino) e Alessandro Guerri.

“Poema circular”, con quella del Festival (venerdì 28 novembre), ha concluso il ciclo delle anteprime e ora è pronto per partecipare ai Festival di cinema di settore nel corso del 2015. Successivamente verrà proiettato in tutta Italia in occasioni particolari per gli amanti del tango e non solo. Monica Mantelli, per presentarlo sinteticamente, afferma che è “un breve sogno sul paesaggio di Torino riletto attraverso il tango di Buenos Aires dedicato alle affinità elettive di fratellanza universale tra Italia e Argentina”. E, per illustrare le ragioni che l’hanno spinta a scrivere questo cortometraggio, osserva che “come hanno già segnalato altri maestri, l’arte è una forma di comunicazione priva di parola, è estetica, empatica, quindi più profonda anche della parola stessa; l’arte non ha filtri e quello che si vede, quello che si mostra, è giudicato in maniera nuda e cruda e in modalità differente da interlocutori diversi”. “Questo – spiega – perché quello che si vede, quello che si decide di mostrare, può anche non piacere; questo è un fenomeno da non sottovalutare che rende il fare arte uno dei processi più complicati al mondo”.

Monica ricorda che “molti prodotti artistici sono nati dall’apporto corale di elaborazioni collettive e dalla stratificazione dell’esperienza millenaria di clan e tribù, dall’immaginazione di un popolo, dallo spirito di un’epoca; oggi siamo giunti a un contesto storico che ha messo in crisi i significati tradizionalmente attribuiti alle arti visive”. Secondo Monica, “il fare artistico non perpetua più immagini o s’incarica necessariamente di rappresentare il non rappresentabile, c’è un’ infinita produzione d’immagini e di icone nella loro sterminata riproducibilità tecnica, mentre nello stesso tempo le vecchie esigenze dell’arte sono divenute a loro volta relative esigenze interiori di individualità sensibili”.

“La nostra capacità di restare in equilibrio psico-emotivo nel nostro vivere e agire in società così come in famiglia – sottolinea Monica – sembra esser stato surclassato dalla crescente debacle economica mondiale, ma questo è solo l’effetto mediatico di notizie che focalizzando più direttamente nel travaglio delle comunità e nei languori delle tasche di molti, rischiano di distoglierci, per fame economico-sociale, da altri scenari a cui occorrerebbe invece dare la dovuta attenzione, come la questione del prendersi cura dello spirito”.

 Poema circular

“Senza distoglierci da problemi reali e tangibili – osserva ancora – non possiamo non pensare che questa profonda crisi mondiale non affondi le consequenziali pieghe tettoniche su un ormai mancante equilibrio spirituale della società, in costante tentativo di assestamento con le sempre più evidenti sollecitazioni fisiche e metaforiche di logiche di spartizione del potere; ma allora è proprio qui che la questione della crisi, di cui abbiamo bocca piena e pancia vuota, torna ad essere centrale sul tema del rapporto empatico con noi stessi, gli altri e l’ambiente e che ci circonda”.

“Alla base di questa diffusa necessità – dice ancora – sta un’importante stato di fatto: ogni uomo porta con sé, dalla sua vera patria d’origine, la natura universale di madre Terra, dal suo sotterraneo mondo, dal suo nucleo primigenio, un patrimonio di immagini, di tendenze alla creazione e alla realizzazione che dal cosiddetto inconscio vengono ispirate su verso la coscienza di veglia, mediante anche una continua, anche se non percepita, attività onirica che solo in parte si fa strada nei nostri sogni ordinari”.

“Quest’aura del possibile e dell’esperibile ce la portiamo addosso come una seconda pelle – precisa Monica – e c’è chi, in qualche modo, la sa percepire e a volte è in grado di tracciarla, e riconsegnarcela, possono essere amici a casa o estranei alla fermata del pullman; oppure possono essere persone che fungono da canale o vettore per messaggi”. “Molto spesso nella Storia questo ruolo è stato affidato agli artisti ma – si chiede Monica – se la società è malata, l’artista può fungere da terapeuta? O, meglio ancora, l’arte può curare e fungere da vettore socialmente taumaturgico?”

“Più volte – osserva ancora Monica – Rudolf Steiner ha affermato che sempre più la medicina e l’arte dovranno collaborare per la salute dell’uomo e che l’arte stessa è destinata a divenire la medicina del futuro; la relazione tra far dialogare l’anima con immagini e colori estratti dal paesaggio e inserire questi rimandi nella percezione spazio-temporale del nostro vivere, costituisce uno specchio di restituzione che può creare un mood terapeutico tra il lavoro artistico, la psiche dell’autore e la percezione psicoemotiva di chi guarda”.

“Costruire riflessioni e strumenti di metalinguaggio artistico che permettano di aumentare la nostra consapevolezza in questo campo – puntualizza – è non solo importante, ma etico, in quanto argomento di responsabilità collettiva e enzima di un vero welfare che vada oltre gli attuali strumenti di controllo sociale; tutto ciò non può far altro che portare a nuovi modi di esistere e coesistere in uno spazio dove l’intangibile prende forma e la materia si esprime come mezzo per veicolare lo spirito; emerge dunque a sua volta una mappatura delle nuove forme del fare arte”.

“Seguendo questa riflessione – conclude – nel cortometraggio ‘Poema circular’, si arriva a comprendere l’esperienza di ritrattistica delle affinità intangibili tra Italia e Argentina che dissolve la stessa nozione di forma sistematica fissa, intesa come una configurazione che esprime una identità o narrazione sequenziale, e si sviluppa invece connettendo circolarmente tracce, a volte anche di biografie psichiche, delle realtà onirica che sottende i suoi protagonisti; l’artista autore si configura quindi come uno scopritore che collega il nastro di Moebius del Singolo al ponte topologico universale fra materia e spirito, ricordandoci che è indispensabile che l’uomo si esprima e conosca meglio se stesso tramite l’amore per l’arte e la natura”.

HA SCRITTO PER NOI #
Franco Garnero

Torinese, amante dei viaggi, dello sport, della vita all'aria aperta e delle buone letture, inciampa nel mondo del tango nel febbraio del 2010. Grazie a una dedizione ossessiva e monomaniacale è da tempo, per unanime giudizio, il miglior ballerino del suo pianerottolo e l'indiscusso punto di riferimento tanguero di tutto il (piccolo) condominio dove abita.

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