Mirada y cabeceo, il cuore del tango/3

PUBBLICATO IL 4 Dicembre 2014

Di Franco Garnero

Continua l’indagine di “Tango y Gotan” nel mondo del tango milonguero, delle milonghe tradizionali, dove domina il rispetto dei codigos e si pratica la mirada y cabeceo. Una di queste è “El abrazo”, creata nel 2013 dall’associazione “Tango y nas”. Si svolge nella serata del sabato nel centro di Genova, zona Brignole. “Il nostro progetto – spiega Lucia una dei fondatori – è quello di creare un ambiente milonguero dove vengano rispettati tutti i codici della milonga, dove si possa praticare la mirada e cabeceo, dove il rispetto della pista renda le serate piacevoli e dove regni l’aspetto sociale del tango il più possibile simile alle milonghe di Buenos Aires, tutto questo coadiuvato dalla musica sempre tradizionale che propone tutte le orchestre nei loro diversi periodi”. “La mirada – continua Lucia – è l’incontro di due sguardi che cercano il consenso a condividere una tanda, consenso espresso con un cenno del capo da tutti e due i ballerini, appunto il cabeceo”. “In poche parole – continua – è il primo momento di complicità tra un uomo e una donna alla ricerca di un abrazo in cui esprimere le sensazioni scatenate dalla musica del tango”.“Molto spesso – osserva ancora Lucia – non ce ne rendiamo conto, ma è un comportamento istintivo e naturale tra due persone che cercano un partner per ballare, qualsiasi tipo di ballo, stranamente diventa difficile e artificioso se si pensa di praticare la mirada e cabeceo”. Lucia evidenzia quindi che “sicuramente a Buenos Aires è quel comportamento naturale e istintivo di cui parlavo prima che, se viene praticato in maniera altrettanto istintiva e naturale anche in Italia non presenta nessuna differenza”. E si dice convinta che, “se ci imponiamo di mettere in pratica la mirada e cabeceo perché così ci hanno insegnato o anche imposto in una milonga tutto perde di significato, diventa un atteggiamento studiato, per nulla spontaneo alla stessa stregua di mettere in pratica un nuovo passo, una nuova figura che però non sono ancora nostri”. Secondo Lucia, “forse il risultato non è ancora al 100 per cento ma funziona in molte realtà, in altre meno, ma credo dipenda da tanti fattori”. E afferma che ha deciso di farne un momento qualificante della sua milonga perché crede “in questo momento di comunicazione che è l’inizio di una condivisione delle sensazioni che si scatenano durante una tanda e ritengo anche che sia una comunicazione discreta, democratica e silenziosa che lascia la libertà di accettare o rifiutare un invito a ballare”.

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Affinché si pratichino di più mirada e cabeceo gli insegnanti, sostiene Lucia, “dovrebbero spiegarli raccontando anche il significato che la mirada e il cabeceo hanno perché è importante che vengano suggeriti ma non imposti dato che molte persone hanno problemi reali a praticarli”. E ricorda che “ci si deve abituare gradualmente a questo tipo di comunicazione e applicarlo quando si è a proprio agio e quando viene spontaneo”. Per favorire il diffondersi della mirada e cabeceo, secondo Lucia si dovrebbe “creare una situazione ambientale adatta, dove la distanza, la luminosità siano quelle giuste; non dimentichiamo che molte persone rifiutano di praticare la mirada e cabeceo per problemi di vista e non vogliono tenere gli occhiali durante la serata, senza dimenticare i problemi di timidezza nel ricercare sguardi compiacenti”. Lucia racconta che i suoi maestri le hanno insegnato i codici della milonga e lei, a sua volta, dedica un po’ delle sue lezioni a spiegare i codici in uso nelle milonghe di Buenos Aires e i loro significati”. In merito alla situazione del tango in Italia, Lucia pensa che siano tante le milonghe “dove si balla un tango disordinato, senza il rispetto della pista”. “Quello che mi infastidisce un po’ quando sono in alcune milonghe – aggiunge – è vedere persone che ballano cose complicate con poca qualità nei movimenti”. “Il guaio – osserva ancora Lucia – è che queste persone sono convinte di essere bravissime solo perché realizzano questo o quel passo, ma credo anche che non sia solo colpa loro”. “Le persone – afferma Lucia – appena iniziano ad andare a scuola pretendono di saper fare nel giro di una settimana ocho, voleo, sacada, parada e tutto il resto, ovvero tutto ciò che rende più coreografico il loro ballo e gli insegnanti, per non perdere i loro alunni, li accontentano, omettendo di dedicare tempo, e ne necessita molto, alla tecnica di base che non solo serve a essere più eleganti ma rende anche tutto più facile e naturale”. Un guaio che può succedere a chi si affida a mirada e cabeceo, ricorda Lucia, “è che spesso si verifica che due persone raccolgono la stessa mirada e pensano di essere invitate per cui si avvicinano in due alla  pista per lo stesso partner”. “Sono cose che capitano – precisa – quindi il comportamento più corretto è che la ballerina aspetti sempre che il suo partner le si avvicini il più possibile per evitare qualsiasi dubbio; in seguito, poi, è opportuno che si inviti per la tanda successiva la persona che si è alzata per errore”. “A me è successo – confida Lucia – che si siano alzati due ballerini contemporaneamente, per cui poi sono stata io a invitare in seguito il secondo ballerino”.

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Emiliana Nardin – nel mondo del tango dal 2003, e musicalizadora da circa dieci anni – e Bruno Picciché – appassionato di tango ormai da 15 anni – raccontano invece che la loro ”Milonga 1910” ha aperto l’8 novembre del 2013 a Torino, per promuovere, spiega Emiliana, “nella capitale sabauda quella forma di tango argentino legata ad alcuni aspetti tradizionali riscontrabili tutt’oggi nelle milonghe di Buenos Aires”. “Peraltro – prosegue Bruno – siamo convinti che non esista una tipologia assoluta di tango argentino, giacché nelle stesse città che ne hanno visto i natali convivono da sempre stili differenti, e che tradizione e modernità possano tranquillamente coesistere; tuttavia è emersa la considerazione che a Torino non fosse ancora rappresentato lo schema formale che ama rispondere a criteri di precise scelte musicali, a un puntuale comportamento relazionale, a una certa forma di accoglienza e di eleganza”. “L’aspetto più evidente della nostra milonga – assicura Emiliana – è la disposizione dei posti riservati alle donne contrapposti a quelli degli uomini; scelta preponderante rispetto a quella dei tavoli tradizionali perché noi vogliamo appunto fortemente incoraggiare la tradizione della mirada e cabeceo, nella consapevolezza di dotare le donne di un ruolo più attivo di quanto non abbiano altrove”. “Nell’uso – interviene Bruno – si è visto che l’attività ha dato sostanzialmente risultati analoghi alle milonghe argentine, con qualche concessione in più agli inviti diretti rispetto a quanto accade oltre oceano; inoltre, la disposizione della sala e la pratica della mirada e cabeceo non si limitano all’atto formale dell’invito, avendo come effetto non trascurabile sugli uomini quello di una maggiore attenzione comportamentale rivolta alla sala, di una evidente introspezione e gentilezza di coppia, di una accresciuta cura a fine tanda e, non ultimo, di una forma di gratitudine nei confronti della bellezza e dell’eleganza della ballerina che si manifesta con un abbigliamento il più possibile lontano da quello di una palestra”.

tango il primo intero

La nostra milonga – osserva ancora Emiliana – ha il solo obiettivo di voler rappresentare un punto d’incontro per gli appassionati dello stile che propone e, pur non avendo una scuola, di incoraggiare coloro che vogliono avvicinarsi a un tango intimo, semplice ed elegante, non esibito, niente affatto spettacolare, privo di ciò che considera inutili e spesso sgradevoli volteggi”. Per Emi e Bruno “il tango è un ballo popolare il cui apprendimento in origine non è mai avvenuto nelle scuole ma nelle case, nelle bettole e gli insegnanti erano per lo più i padri, le madri, gli amici dai quali si imparava e da cui avere un consiglio”. “Allora – afferma Bruno – se si rimane nella sfera della popolarità del tango, si possono sviluppare intimità, abbraccio, una sorta di fusione che porta la coppia a essere come strumento musicale dell’orchestra di cui sta ballando il brano, con pochissimi passi giocati nel tempo, con molto sentimento”. “Uscendo dalla sfera della popolarità – aggiunge – se l’interesse viene prevalentemente catturato dalle immagini diffuse dai professionisti dello spettacolo e come tale indirizzato dalle scuole, il comune senso d’inadeguatezza porta a una bulimia di maestri, passi, sequenze, stage, dibattiti senza fine e scuole-famiglia dalle quali uscire equivale a sentirsi esiliato”. “Il termine indirizzato – sottolinea ancora – non è scelto a caso, perché le scuole in generale hanno una seria responsabilità in proposito”. Secondo Emiliana, poi, “una parola a parte andrebbe spesa riguardo alla nulla diffusione di questo tango in Piemonte, dal momento che nelle scuole non se ne fa cenno, mentre in alcune realtà a noi vicine, dove l’insegnamento è rappresentato, i risultati si fanno vedere attraverso eventi ormai sistematicamente in calendario e dove lo stile milonguero viene praticato con buona soddisfazione e frequenza da parte di appassionati della nostra regione”.

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Anche Silvia Tonelli è da molto nell’ambiente, 15 anni per la precisione, e insegna tango d’abbraccio con Al Porteno da oltre 7 presso il Circolo Gardel di Modena. Questa associazione promuove non solo l’aspetto del ballo con diversi insegnanti e stili ma anche tutta la cultura del tango, con eventi socializzanti rivolti agli amanti del tango argentino tra cui una milonga che segue i codigos, il “Domingo Milonguero”. A Buenos Aires – esordisce Silvia – ci sono milonghe in cui l’utilizzo di mirada e cabeceo è sporadico, anche se nella maggioranza dei locali è priorità”. “La differenza – continua – è che in Italia ci sono più locali che non inseriscono i codigos, rispetto a chi ne fa priorità; resta il fatto che ora in Italia mirada e cabeceo sono in forte espansione e penso che, al di là del territorio, ci sia di mezzo una questione di scelte organizzative”. “Nelle milonghe che frequento io – osserva – mirada e cabeceo sono molto diffusi, prevalentemente perché le cerco con quella formula; ovviamente non disdegno milonghe dove non si pratica mirada e cabeceo, ma cerco comunque di usare questo codice in quando mi fa sentire più libera di scegliere ed essere scelta”. Confessa di aver deciso di fare una milonga che segue i codigos perché “è ciò che più mi rappresenta, seguire quello che mi piace è come mantenere una linea di unione con me stessa e gli altri, il tutto con spontaneità e divertimento”. Silvia non ritiene che si debba “cercare di fare qualcosa perché mirada e cabeceo si pratichino di più, si dovrebbe semplicemente proporre quello che si desidera nella propria milonga; saranno poi le persone a scegliere liberamente ciò che sentono faccia al caso loro”. E, per lo stesso motivo, aggiunge, “non vedo perché scoraggiare i non praticanti, ogni persona ha il suo livello evolutivo di consapevolezza e maturità per quanto riguarda il tango ed è giusto che segua un flusso libero e naturale; non c’è giusto e sbagliato, c’è una scelta personale”. Silvia ricorda di aver scoperto i codigos perché il suo ballerino “arriva direttamente da questa formazione, avendo studiato ed essendo rimasto a lungo a Buenos Aires, dove in quasi tutti i locali del centro li praticano; attraverso lui e l’Argentina ho scoperto i codigos, sentendo subito la necessità di adattarmi alla cultura delle milonghe e percependo un forte senso di socialità e libertà”. “Insieme – aggiunge – insegniamo tango d’abbraccio stretto, permettendo così agli allievi di ballare in spazi ristretti, ma con dinamicità, seguendo la ronda e passandogli tutte le nozioni sui codigos, spesso con veri e propri esercizi”. Riconosce comunque che “si possono trovare milonghe disordinate sotto vari aspetti, mentre altre curate e ben gestite; basta conoscerle e riconoscerle, fortunatamente si può scegliere”. Il suo campionario di aneddoti al riguardo è vario, ammette, “dopo 15 anni di tango ne avrei una lista infinita, sicuramente vedere persone che ballano cortine improbabili e i famosissimi correttori, e correttrici, da pista sono nella mia top ten”.

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Elisabetta Cavallari vive invece a Rovigo, dove dà lezioni di tango e organizza una milonga tradizionale. Che, come dice lei stessa, “è un luogo nato per il tango e non preso a prestito o improvvisato”. Per lei mirada e cabeceo sono “l’unico modo democratico e rispettoso per arrivare in pista con il desiderio di ballare, senza forzature, l’unico modo per vivere la milonga in modo rilassato, senza il timore che una persona con cui non vuoi ballare te lo venga a chiedere obbligandoti, anche in caso di risposta negativa, comunque a rispondere”. “Rifiutare – spiega – non è gradevole, ma è sempre meglio che soffrire per non avere avuto il coraggio di rifiutare; si esce per divertirsi, non per accontentare gli altri, a meno che le persone non abbiano, per insicurezza, bisogno di piacere a chiunque, o il desiderio di essere al centro dell’attenzione di chiunque”. “La mirada – dice ancora – è l’unico modo per ballare con persone diverse e non sempre con le solite, insomma, pari opportunità di scelta. Per me la libertà non è altro che avere la possibilità di scegliere”. Rispetto a Buenos Aires, afferma, in Italia “la differenza sta nella velocità e nella chiarezza della mirada o del cabeceo, sulla tecnica, poi, in Europa c’è un po’ di confusione dovuta all’inesperienza e alla mancanza di informazione”. Forse è anche per questo che, aggiunge, “sono poco praticati, motivo per cui, prima di andare a ballare, mi informo se sono messi in pratica veramente ed evito anche di andare in bei palazzi con soffitti troppo alti e quindi con una pessima acustica e in luoghi con file di sedie al muro senza tavolini che ricordano molto le festicciole in canonica di quando avevo 13 anni”. Per diffondere i codigos nel tango suggerisce di “parlarne ovviamente; purtroppo se ne parla a sproposito, o meglio, senza conoscenza”. “Personalmente – continua – ho fatto il massimo per diffonderli, ma se le donne continuano a ballare con chiunque le invita verbalmente, serviranno molti altri anni ancora, prima che si diffonda come spero; sarebbe bello vedere le donne avere più rispetto per se stesse”. “Chi non li pratica – sostiene Elisabetta – dimostra arroganza e poco rispetto, se uomo; se donna, una totale assenza di autonomia decisionale, quindi scarso rispetto per se stessa”. Ricorda poi che nessun maestro né italiano né argentino gliene ha mai parlato, quindi quando è arrivata a Buenos Aires nel 2004, “non capivo – racconta – ho avuto molti momenti di imbarazzo che avrei potuto evitare se qualcuno avesse anche solo detto che esisteva questo modo di invitare”. Da parte sua dice di insegnarlo gratuitamente nella sua scuola, due volte all’anno l’evento è aperto a tutti ed è teorico/pratico e interattivo. “Peccato – commenta – vengano solo i miei allievi”. Tuttavia afferma che in Italia “si balla meglio che in altri Paesi d’Europa, anche se solo in pochissime milonghe”. “Siamo comunque ancora lontani – dice ancora – dall’ordine e dal rispetto degli altri in pista, ma la colpa non è dei ballerini, le persone fanno ciò che gli altri insegnano”. “Un buon ballerino – sottolinea – non è colui che conosce molte figure ma colui che sa circolare sulla pista in modo adeguato mettendole insieme nel rispetto degli altri, tutto il resto è vanità e maleducazione”.

(3. Continua)

HA SCRITTO PER NOI #
Franco Garnero

Torinese, amante dei viaggi, dello sport, della vita all'aria aperta e delle buone letture, inciampa nel mondo del tango nel febbraio del 2010. Grazie a una dedizione ossessiva e monomaniacale è da tempo, per unanime giudizio, il miglior ballerino del suo pianerottolo e l'indiscusso punto di riferimento tanguero di tutto il (piccolo) condominio dove abita.

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10 commenti

  1. Riccardo ha detto:

    Caro Franco, proprio ieri ho consigliato questo link ad un amico tanguero che si lamentava moltissimo.
    Pensa che mi diceva cose tipo:
    “se un ballerino pratica MyC non balla mai perchè, a parte il fatto che le ballerine normalmente chiacchierano con le amiche, giocano con il telefono, si rifanno il trucco, ecc, c’è sempre qualcuno che si fionda ad invitarle con la grazia di un toro nell’arena”
    “tutti parlano della magia di un tango ballato con pochi passi raffinati, ma io vedo molte ballerine che tornano al tavolo con il sorriso direttamente proporzionale al numero delle evoluzioni acrobatiche che il ballerino ha fatto loro fare nella tanda”
    “MyC funzionerebbero se, quando un ballerino esuberante per invitare si infila con la testa fra 2 persone che parlano oppure batte sulla spalla, invece di schizzare in piedi come una molla con un sorriso a 32 denti la ballerina lo rifiutasse”
    Io ho provato a spiegargli che, come nel mondo reale, anche nel tango purtroppo ci sono i maleducati, ma lui sostiene che se un comportamento disdicevole viene alimentato da rinforzi positivi generalizzati (lui afferma che una ballerina che non viene invitata per due o più tande consecutive poi direbbe di si anche ad un cinghiale), ovviamente prolifera.
    Spero che dopo aver letto le vostre pacate riflessioni ed i concordi apprezzamenti su MyC si renda conto che i casi e le persone dei suoi esempi sono rarissimi ed in via d’estinzione e non, come lui sostiene, pandemici!

    • Franco Garnero Franco Garnero ha detto:

      Ciao Riccardo. E grazie per l’attenzione e l’assiduità con cui ci segui. Del problema che sollevi tu parleremo molto diffusamente nella seconda parte di questa inchiesta, e precisamente nelle puntate V e VI, dove appunto si dibattono questi temi. Ti invito, se puoi, a leggerle quando usciranno tra una decina di giorni e, se ti sembrerà il caso, di dirci in quella occasione nuovamente il tuo pensiero. Grazie.

    • giovanni ha detto:

      Non posso che sottoscrivere al 10.000% quanto scrive Riccardo. Spesso poi ci sono così poche ballerine che o reinviti le stesse oppure guardi gli altri ballare. Sono pochissime le ballerine sole, spesso sono in gruppo, chiacchierano e non si capisce che diavolo ci siano andate a fare in milonga! Ma di grazia, a chi la fai la mirada? Al tavolo? Alla fine, se vuoi ballare, devi invitare le principianti, brutte o belle, vecchie o giovani. Inoltre vorrei chiedere a quelle che si lamentano che vengono invitate le giovani: ma perché, quando qualcuno cerca di invitarvi, vi girate, ve la tirate, esigete i codici d’invito? Spesso sono proprio le più anziane a dire di no: e allora…

      • Franco Garnero Franco Garnero ha detto:

        Ciao Giovanni. Grazie per le tue osservazioni. Come dicevo già a Riccardo di questi problemi parleremo diffusamente nella V e VI puntata di questa ampia inchiesta. Qualche precisazione però preferisco farla subito. In primo luogo Riccardo riporta la voce di un amico che poi lui a sua volta commenta. In secondo non direi, almeno in base alla mia esperienza, che ci siano spesso poche ballerine. A volte mi è capitato, a tarda notte, dover constatare che il fattore numerico giochi a favore delle fanciulle, ma di solito così non è. Per il resto, confermo, spesso le ballerine stanno in gruppo e anche a me questo non sembra un segnale di avere molta voglia di ballare. Però è anche vero che a volte le ballerine usano questo stratagemma quando si vogliono riposare, oppure trovano improvvisamente qualcosa da dire a qualcuno perché si vogliono fingere indaffarate in modo da evitare un invito sgradito. Non è che tutte le ballerine hanno voglia di ballare con tutti. In milonga ci sono sempre molte ballerine con cui io, per esempio, non gradisco ballare e capisco bene che, allo stesso modo, ci siano molte ballerine che non gradiscono ballare con me. E non vedo che problema ci sia. Se me lo fanno capire in modo garbato (voltandosi da un’altra parte, fingendosi intente ad altro) non me ne risento assolutamente. Che poi una principiante sia più disponibile mi sembra inevitabile da una parte perché sono in pochi a invitarle e quindi hanno più voglia di ballare e dall’altra perché non dispongono ancora degli strumenti per capire chi balla bene e chi no e in ogni caso quasi tutti sono meglio di loro, quindi sono contente comunque. Le più esperte, invece, comprensibilmente rivendicano il diritto, che è anche loro, di fare una tanda con chi le fa divertire o, almeno, non le maltratta. Ballando mi è capitato più volte di essermi fatto male a causa di una ballerina non molto attenta e, vista la differenza di stazza, capita sicuramente più spesso che una ballerina si faccia male a causa dei modi un po’ troppo rudi di un ballerino. Concordo invece con te che sono spesso le ballerine meno giovani a negarsi di più, forse perché sono anche quelle più capaci e quindi più selettive. Che però, poi, si lamentino che le giovani vengono invitate di più di loro mi sembra il classico esempio dell’indecifrabilità della mente femminile :-). Chiacchierando con molte persone per realizzare questa inchiesta è venuto un po’ il dubbio anche a me che molte donne preferiscono l’invito con mirada perché consente loro di farsi un po’ desiderare, eventualità sempre molto gradita alle fanciulle. Non vorrei, però, che questa inchiesta servisse, invece che, come è nelle nostre intenzioni, a indagare ed eventualmente promuovere una modalità di invito, a rinfocolare la mai del tutto sopita guerra dei sessi, che nel tango sembra sempre particolarmente pronta a esplodere.

  2. Silvia Tonelli ha detto:

    Aggiungo ancora qualche frase perché mi pare vadano a completare il quadro generale di questo aspetto del tango. Mi sembra in effetti importante sottolineare che mirada e cabeceo sono uno strumento utile, di libertà, che avvicina l’uomo e la donna permettendo il rispetto tra di loro. Inoltre è insito nella cultura e socialità del mondo del tango in Argentina, in quanto fa parte della matrice stessa del tango. Ecco perché il Domingo Milonguero c’è, perché è la modalità che mi rappresenta. Ciò non toglie che ognuno ha scale di valori e interessi diversi all’interno del contesto tango, fortunatamente si può scegliere, sul grado della propria conoscenza e anche sul proprio sentire. Grazie Franco per avere dato a ognuno di noi la possibilità di raccontarci e raccontare.

    • Franco Garnero Franco Garnero ha detto:

      Grazie a te, Silvia, per aver partecipato a questa nostra inchiesta e per aver aggiunto questi ulteriori concetti che in effetti andavano adeguatamente sottolineati.

  3. Lucia ha detto:

    Grazie Franco di avermi dato l’opportunità di esprimere il mio punto di vista durante questa intervista.
    Leggendo anche le altre interviste ho constatato che noi, delle milonghe tradizionali, a cui piace praticare MyC e vivere la milonga nel rispetto dei suoi codici, siamo abbastanza sulla stessa lunghezza d’onda. Tanto ci sarebbe da dire e da fare. Io penso che il tango sia una maturazione che avviene nel tempo in ognuno di noi andando alla ricerca del nostro tango, delle nostre sensazioni, delle nostre emozioni!!!

    • Franco Garnero Franco Garnero ha detto:

      Grazie a te, Lucia per queste altre parole. In effetti sembra anche a me che quella degli amanti delle milonghe tradizionali sia un comunità omogenea per valori e obiettivi. E credo anche io che questa possa essere il punto di approdo di molti amanti del tango, dopo il tempo dovuto. Come leggerai però nelle prossime puntate, dedicate al parere degli avventori, sembra anche che questa comunità opponga una certa resistenza all’ingresso di nuovi appassionati, e questo, invece, mi resta difficile da comprendere.

  4. Ciao, sono Pietro, direttore artistico di Tango Inn, organizzatore di Milonga Gorizia, che viene attualmente svolta in un ampio ed elegante salone storico con bellissimo pavimento in legno rovere originale, con tavoli a bordo pista e sedie per tutti i partecipanti disposte in modo da favorire mirada y cabeceo. I nostri sforzi organizzativi sono da sempre rivolti ad appassionati di tango veri che desiderano ricorrere ai codigos che sono fortemente consigliati. La musica è totalmente del tipo tradizionale. Tuttavia desidero evidenziare come la nostra milonga stia soffrendo in questo periodo non riscuotendo un consenso corrispondente alle aspettative e allo sforzo organizzativo. Ci stiamo chiedendo il perché.
    Studio e ballo da oltre dieci e ho notato che c’è gente che non fa altro che parlare di tango ma non lo balla o che lo insegna senza mai frequentare serate intere e soprattutto lasciandosi coinvolgere. Noto, inoltre, di converso che altre milonghe riscuotono più consenso e di certo gli standard offerti non sono certamente migliori e in cui si fa fatica a invitare o ad accettare un invito per il basso livello di ballo, soprattutto nel tango/milonga e nel tango/vals (salvo poche eccezioni). Abbiamo aperto un tavolo di confronto fra soci nell’ambito del nostro incontro settimanale di studio “Tango analisys” – analisi del nostro tango … insieme -.
    La … gente segue la gente … perché?
    – dove c’è più convenienza del cibo offerto con i 10 €?
    – dove i principianti si divertono di più? (magari organizzano una illegal sui marciapiedi contemporaneamente alla tua milonga nel salone storico, a noi è capitato per ben 3 volte);
    – dove ci sono musiche moderne che più si adattano al genere di tango nuevo che i principianti erroneamente ritengono possa essere ballato facilmente;
    – dove impone di andare il capo clan? (altro spregevole fenomeno in corso già evidenziato in altri articoli).
    La nostra scuola di tango propone – nella massima libertà di confronto anche con altre scuole, l’insegnamento di un tango estilo para bailar – senza estremismi – privilegiando un abbraccio confortevole ed emozionante; la camminata stabile e musicale, una marca il più possibile sottile ma chiara e precisa, presenza pulita ed elegante (io stesso indosso sempre una giacca) e ciò nel rispetto della ronda e delle regole della milonga.
    Si accettano consigli!
    In conclusione, andiamo avanti per la nostra strada, che forse è anche la vostra, per l’amore del tango, nella consapevolezza che l’indirizzo tradizionalista sia quello più giusto per noi, pur dovendo riconoscere che il tango è sopravvissuto e tuttora vive di contaminazioni.
    Un abrazo
    Pietro G. di Lucia

    • Franco Garnero Franco Garnero ha detto:

      Ciao Pietro. Grazie per il tuo interessante intervento che ci permette, oltre al resto, di conoscere la tua realtà. Lo scopo di questa inchiesta non è solo quello di parlare di codigos ma anche di capire dove, in Italia, si può ballare un certo tipo di tango. Abbiamo fatto del nostro meglio per cercare di contattare tutti i protagonisti di questo mondo ma, in alcuni casi, come nel tuo, semplicemente non siamo riusciti a intercettarti, per cui ben venga il tuo commento.
      Cerco, mentre ci siamo, di dare le mie risposte alle tue domande. In generale, svolgendo questa inchiesta e parlando con organizzatori, maestri e avventori (ne trattiamo nelle prossime puntate), una qualche idea me la sono fatta. Di certo non aiuta il numero di locali aperti (come abbiamo evidenziato in altri pezzi) ma meno ancora aiuta l’autocompiacimento di far parte di un elite da parte di chi organizza come di chi frequenta abitualmente le milonghe tradizionali. Chiaro è che se si gioca a fare i più furbi e i più bravi e gli esclusivi, non puoi aspettarti di fare il pienone. Capisco che chi va in una certa milonga è bene che si comporti in un certo modo e questo in molti possono essere disposti a capirlo e ad adeguarsi ma se, invece, il clima generale che si respira in questi locali è “chi è questo qui che non abbiamo mai visto, chi lo ha chiamato, perché è qui, meglio fargli capire subito che non è degno di noi” non c’è da stupirsi se all’ingresso non si fa a gomitate per entrare. In breve, se a queste persone piace atteggiarsi a happy few, non devono poi lamentarsi di essere few :-). Un altro esempio? Una quindicina di organizzatori (di cui non pubblico l’elenco per carità di patria) non ha neanche risposto al questionario che abbiamo inviato, a dimostrazione che, evidentemente, non amano aprirsi al confronto e preferiscono starsene nel loro bozzolo, limitandosi a coltivare i fedelissimi di sempre.
      Tornando a un discorso più generale che riguarda tutte le milonghe, non è trascurabile, poi, il rapporto qualità/prezzo, lontananza, parcheggio. Se posso andare in un posto decente, abbastanza affollato, vicino a casa e che costa meno, perché devo andare dove spendo di più? Io vado a ballare almeno tre volte la settimana. Anche solo un euro risparmiato a serata (che sembra poca cosa) in un mese significa recuperare il costo di un paio di ingressi, il che non è poco. Anche la consumazione compresa (diverso è il cibo perché contano di più qualità e freschezza), non vedo perché io debba pagare una mezza d’acqua un paio di euro se posso berne un paio di bicchieri nel corso della serata già compresi nel prezzo. Ovvio, allo stesso tempo, che la qualità va pagata. Sono stato di recente per la prima volta alla Milonga 1910, la più cara della mia città, Torino, a 10 euro. Alcune cose mi sono piaciute, altre meno, ma non posso negare che un locale che mi offre un guardaroba separato, comode sedie con tavolino, musica assemblata all’istante e non play list, consumazione compresa e verso mezzanotte dell’ottima pizza appena sfornata, valga sicuramente quella cifra. Per contro, ho smesso di punto in bianco, nell’estate 2012, di frequentare una milonga molto spartana che costava solo 4 euro (il giusto), passati improvvisamente a 5 (che sembra poca cosa ma si tratta di un aumento del 25%) e, a richiesta di spiegazioni, l’organizzatore mi ha detto che gli avevano aumentato il costo della luce (che non credo proprio possa valere il 25% dell’incasso, per di più all’aperto, cioè al buio). Che poi ci siano maestri grotteschi, lo sappiamo tutti e abbiamo dedicato a questo problema anche dello spazio su questo sito. Per il resto, le dinamiche di gruppo esistono da sempre, i principianti hanno bisogno di tempo per farsi l’orecchio ai tanghi tradizionali ma, alla fine, chi lavora bene continua a galleggiare, chi fa il furbetto incontra sempre difficoltà.

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