Il mio Tango

PUBBLICATO IL 12 Marzo 2015

Che ci piaccia o meno, il Tango è lo specchio dell’anima.

Gli occhi lo sono per tutto il resto del mondo.

E gli occhi sanno come mentire, se la mente è sveglia e sa comandarlo.

Il Tango non mente. Mai. Non puoi sfuggire a ciò che sei, non puoi nascondere ciò che non sei e che vorresti essere. Il Tango rivela i tuoi pensieri, le tue paure, i tuoi limiti.

Il Tango ti mette a nudo davanti a te stesso e davanti agli occhi degli altri. E il bello è che non fa assolutamente nulla per compiere questo prodigio. Si serve di te, del tuo corpo, delle tue mani, delle tue gambe, delle tue braccia, del tuo respiro, dei tuoi occhi. Se nella vita di ogni giorno possiamo riuscire a dissimulare un dolore attraverso un sorriso, riusciamo a nascondere una gioia mordendoci il labbro e distogliendo lo sguardo, sappiamo dire bugie o mezze verità modulando il tono della voce, il Tango svela ogni cosa in un abbraccio.

Non ha bisogno di parole, il Tango. Non ha bisogno di sguardi, di sorrisi, di gesti particolari.

Una mirada, un cabeceo e un abbraccio. E la magia ha inizio.

Questo semplice gesto, basta per rivelare chi siamo, chi vorremmo essere e chi non saremo mai.

Ho imparato questa grande verità solo quando, dopo i primi burrascosi anni di intensa ed esclusiva relazione con il Tango, mi sono fermata un attimo a pensare.

Il Tango si è infilato nella mia vita come un amore adolescenziale.

Colpo di fulmine al primo…passo. Bam! Amore immediato e totalitario. Prime scarpe tacco 10. Lezioni dal lunedì al…lunedì. Pratiche, milonghe, stage, tango vacanze. Milonghe mattutine, pomeridiane, serali, notturne, all’alba e a tramonto. Milonghe in spiaggia, in piazze, in sale immense, in stanze minuscole, in salotti e in terrazze con il barbecue, in giardini e a bordo piscina, milonghe con la pizza e la granita delle 4.00 del mattino, milonghe aperitivo e milonghe illegali sotto la statua accondiscendente della Madoninna del Duomo di Messina.

Tango nell’armadio. Pantaloni da Tango, gonne per il Tango, magliette per il Tango, acconciature da Tango. La nostra relazione sfiorava livelli ossessivo-compulsivi.

Lo volevo e lo cercavo sfiorando lo stalking e lui, il Tango, era sempre li ad abbracciarmi, a farmi sentire una Regina, a farmi volteggiare in pista come una professionista fino a non sentire più il mio peso e il mio fiato. Ma non andava bene. Prendevo il Tango di tutti e lo facevo mio. Copiavo,   infilandoci nel mezzo la mia testa di ballerina principiantissima e impaziente. Imitavo i voleo che vedevo fare alle altre ballerine, ma non avevo idea che lo dovesse comandare l’uomo e inciampavo, non mi stava bene lasciarmi condurre da un uomo e lo anticipavo, dovevo avere il controllo della situazione e ballavo con gli occhi aperti perché non mi fidavo. Insomma, correvo a perdifiato su una strada dissestata in salita con il vento contrario. Per carità ballavo tantissimo. Mi aiutava il fatto che fisicamente proprio male non sono e si sa, principiante carina balla da sera a mattina…!

Dopo due anni però, questa relazione incominciò a starmi stretta. Non ci si capiva più nulla. Amavo i Gotan Project, odiavo Pugliese e non conoscevo la differenza tra Di Sarli e D’Arienzo, tanto per dirne una. Il rischio di fallimento era dietro l’angolo. E così che decisi di fermarmi. Dovevo guardare il tutto da un’altra prospettiva. Non volevo più ballare il tango degli altri, volevo ballare il Mio. E per fare ciò chiamai in soccorso il mio primo amore.

Essì, la monogamia a volte, non aiuta…

Iniziai ad andare alle milonghe con…la macchina fotografica.
abrazos

 

La fotografia è sempre stata la mia stanza segreta, un non luogo intriso di magia dentro il quale perdermi, una scusa per estraniarmi dal mondo entrando nelle sue maglie più fitte. Attraverso la fotografia riesco a capire ciò che non è immediatamente comprensibile, a vedere ciò che non è immediatamente visibile agli occhi, ad ascoltare ciò che sfugge all’udito. Perché la fotografia è tale se riesce a coinvolgere tutti i cinque sensi. Tatto, vista, udito, olfatto e…anima.

L’esplorazione alla scoperta e alla costruzione del Mio Tango iniziò così.

Ballavo poco, osservavo tanto, scattavo centinaia di foto. Osservavo le dinamiche, gli inviti, i rifiuti, le coppie, i loro movimenti, i passi, ma soprattutto…gli abbracci. Perché avevo capito che era nell’abbraccio che succedeva la magia. In quel piccolo spazio vitale, in quei pochi centimetri in cui la pelle si unisce al respiro, in cui gli occhi si chiudono portandosi dentro i battiti del cuore, in cui la musica si perde tra le braccia. È li che avviene la magia, ed è lì che adesso so che vive il mio Tango. Iniziai a fotografare gli abbracci. Solo quei pochi centimetri di anima, pelle e cuore. E mi accorsi che è lì che il Tango diventa lo specchio della nostra anima.

Nell’abbraccio ci si può perdere e ci si può ritrovare.
Anna Ponfi 3
Si può vivere un’intensa storia d’amore o un burrascoso litigio. Ci si può innamorare perdutamente all’inizio di una tanda, amarsi con passione e lasciarsi senza rancore all’ultima nota, senza bisogno di conoscere il nome del nostro amat*.   Le braccia possono circondare e accogliere, respingere e rifiutare. Le mani possono accompagnare, sorreggere, stringere, accarezzare, guidare, scostare. Possiamo comprendere se i nostri respiri sono all’unisono con la musica e, sin dai primi secondi, se quella tanda ci porterà in Paradiso o all’Inferno.

Centinaia di foto, inseguendo ogni abbraccio. Immedesimandomi, da spettatrice, in ciò che osservavo ed in ciò che avrei voluto ballare. Quante volte capita di non riuscire a comprendere qualcosa che ci sfugge proprio perché lo viviamo dall’interno, mentre staccandocene e allontanandocene riusciamo ad avere una visione più oggettiva? Quante volte sappiamo dare preziosi consigli all’amic* che ha i nostri stessi problemi, ma su di noi non riusciamo a trovare una soluzione? Ciò che mi permise, e mi permette tutt’ora di fare, la fotografia è proprio questo.

Destrutturai il Tango di tutti, lo compresi e iniziai a costruire il Mio.
Anna Ponfi 2
E continuo ancora dopo sei anni.

Ndr

La fotografia come mezzo di destrutturazione di un ballo dove il linguaggio del corpo è contemporaneamente specchio dell’anima e parola non detta.

Il Tango dell’abbraccio, intimo, segreto, racchiuso tra un respiro e un battito di cuore, vissuto in pochi centimetri di pelle e anima. Nasce il progetto fotografico “Le parole dell’abbraccio”, che trova la sua prima visibilità nel 2012 grazie alla personale organizzata dalla Click! Gallery di Milano.

Il progetto è tutt’ora in divenire, esattamente come lo è il mio Tango.
http://annamponfi77.wix.com/annamponfiph


Chi sono.

Anna è metà del mio nome reale. Il resto è la mia invenzione più bella.
Mi chiamo Annalisa M.  Sono una di quelle persone a cui il nome vero calza stretto.
Così ne ho creato uno nuovo; senza dimenticare chi sono e senza smettere di cercare chi voglio essere. 
Nasco nel 1977.
Non ricordo il momento preciso in cui ho iniziato a fotografare, ma ho una foto che mi ritrae a 4 anni Annalisa M. Ponfimentre gioco con uno dei miei balocchi preferiti; un esposimetro, rubato dalla camera oscura che mi padre, fotoamatore, si era costruito in casa.

La fotografia ha sempre accompagnato la mia vita come un’amica discreta e fedele, che solo negli ultimi anni ha iniziato a pretendere la sua giusta attenzione. E’ un dialogo con me stessa, un’estensione delle mie emozioni, la mia forma preferita di meditazione, la mia scusa per isolarmi dal mondo entrando nelle sue maglie più fitte, l’occasione di parlare di me quando mi mancano le parole.
Amo la street photo, quella dell’attimo fuggente, della luce improvvisa e dell’emozione catturata. Amo la fotografia fatta di particolari: mani, gesti, profili, sagome, oggetti.
Le storie che racconto nei miei scatti sono immaginate, sospese, improvvise.
Proprio come quell’istante di luce da cui prendono vita.
Ed è nel Tango, questo mio amante dolce e crudele ormai da sei anni, che gli istanti di luce si legano a quei pochi centimetri di pelle e cuore, confondendosi tra note e respiri e dando vita ad un linguaggio che non ha bisogno di parole. Il Tango che amo vivere, ballare e raccontare attraverso i miei scatti è quello intimo, segreto, delicato; è il Tango che non dà spettacolo di sé, che non calca le scene e che non è immediatamente visibile agli occhi. È il Tango che vive della magia del non detto. È il Tango delle parole dell’abbraccio.

 

 

HA SCRITTO PER NOI #
Anna Ponfi

Tanguera messinese, da sempre fotografa amatoriale ha fatto incontrare queste due sue passioni, per scoprire il tango dai suoi scatti.

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2 commenti

  1. giovanni ha detto:

    Bellissima testimonianza della magia del tango. Ormai ne sono dipendente, disperatamente dipendente. E quando trovo l’Abbraccio, non sono più in milonga ma in un luogo senza tempo insieme alla mia ballerina. Io, Lei e nient’altro. Sono tre minuti per tre o quattro volte in una tanda, ma si sa….il tempo è relativo!!

  2. veronica ha detto:

    Anch’io sono appassionata di fotografia da 20 anni e fotografo con una vecchia reflex analogica. Trovo che la fotografia sia un meraviglioso ricordo di un momento passato, ed è bello guardare una foto e sentirti tirata dentro, in quell’attimo. Ballo il tango da poco più di due anni, e lo trovo bellissimo, davvero una scoperta per me che sono molto timida, e da pochissimo anche il.mio compagno. Bell’articolo questo che ho letto, il connubio tra tango e fotografia lo sento a me vicino..

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