Maratona?

Credevo tutti sapessero il significato delle maratone di tango. Evidentemente mi sbagliavo.

PUBBLICATO IL 12 Gennaio 2018

Credevo tutti sapessero il significato delle maratone di tango. Evidentemente mi sbagliavo. Per il ponte di una festività recente, io e la mia amica abbiamo partecipato a una maratona organizzata da gente che, ahimè, forse non sa di che si sta parlando. Lo dico per denunciare un fatto, a mio parere, piuttosto grave. Per correttezza non indicherò di quale maratona sto parlando, con estremo sacrificio però. Cominciamo per gradi. Io e la mia amica prenotiamo con enorme ritardo rispetto alla chiusura prevista dal sito delle iscrizioni. La maratona era aperta anche agli esterni. Siamo due single e non ci aspettavamo un sì immediato. Di solito in caso di inserzione di maratone, le iscrizioni partono talmente a raffica che, a distanza di qualche giorno, i posti sono già esauriti. Questo ci doveva far riflettere. Attratte comunque dalla descrizione sulla pagina web, in cui promettevano momenti all’insegna della buona musica, dove culture provenienti da diversi Paesi si sarebbero uniti in un unico abbraccio, presso un grand hotel del centro, in una delle più belle città di Italia, avevamo ben sperato. I dj proposti che ci avrebbero fatto ballare e sognare con le loro accurate selezioni, erano comunque una garanzia e mi dispiace, non citarli. Il costo totale, qualora avessimo deciso di pernottare nell’albergo sarebbe stato inaccessibile e dato che avevamo una alternativa, abbiamo optato per la seconda scelta. Pranzo e cena, oltretutto, non erano compresi nel prezzo. Come si dice in Toscana, il tutto sarebbe costato uno “stonfo” La pomeridiana da orario cominciava alle sedici del pomeriggio e noi, da brave tangueras, anche per la difficoltà immaginata nel trovare parcheggio, siamo arrivate anzitempo. Fortunate nel trovare parcheggio! Puntuali e sole, abbiamo fatto il nostro ingresso nel salone. Sul tavolo il mucchietto dei bracciali argentati per gli uomini e rossi per le donne erano lì, in attesa di essere il segno distintivo della maratona, da tenere come ricordo, una volta tornate a casa. Ci guardiamo intorno ammirando la bellezza del luogo, sontuoso, con rifiniture e colonne in marmo che disegnavano finemente l’ambiente. I bravi ballerini però sanno che il marmo è duro e, nel caso si fosse ballato a oltranza, sarebbero stati certi di tornare casa, coi piedi a pezzi, ma noi non ci siamo fatte intimorire da tutto questo. Meglio piedi doloranti, che essere considerate parti dell’arredamento. Ci accomodiamo e aspettiamo l’arrivo degli altri ballerini. Dopo un’ora e mezza nessuno veniva avvistato sulla soglia d’ingresso e noi appollaiate sulle sedie, sembravamo due naufraghe in alto mare, che attendevano con ansia, l’arrivo delle scialuppe di salvataggio. Credo il torcicollo che ho portato a casa, sia stato dovuto a questo allungamento anomalo e persistente del collo, verso quella direzione. Qualche apparizione si verificò poco dopo e, contando noi e gli organizzatori, siamo arrivati a quota 25. La gara non era ancora cominciata ma noi temerarie, appena sentita la musica scorrere nelle vene, come fosse una droga, ci saremmo lanciate in pista, anche senza un paracadute. Con chi?. Nei visi dei presenti si leggeva poca voglia di ballare, in uno “sfavamento” generale. La dj era disperata. I brani suonavano per gli assenti. Insomma il ballo triste, tanto decantato da taluni, quando parlano del tango argentino, si era fatto persona. Qualcuno si è mosso dalla sedia per invitare soprattutto le principianti e in capo a un’ora tutti avevamo fatto il giro di tutti. I maschi preposti a questo compito, facevano per giunta passare “liscia” qualche tanda, per allungare i tempi, perché altrimenti il tutto sarebbe finito in meno di mezz’ora. In attesa che la sala si riempisse un po’ di più, sperando in qualche ritardatario, la musica si è spenta alle ore venti, per ricominciare nuovamente alle ventidue. A malincuore ma senza perdere le speranze, alle ventidue, dopo aver avuto la solita fortuna di parcheggiare a due passi dall’albergo, ci incamminiamo dritte alla nuova avventura. I tangueri arrivano verso le ventitré e quindici, in numero inferiore, rispetto al pomeriggio. Personaggi nuovi sono stati una donna di indefinita nazionalità di fronte a noi, che con la quale ci scambiavamo vaghi sguardi di natura poco chiara. Il tempo scorreva inesorabile dove non si muoveva foglia, lei ad un certo punto, impaziente e più stufa di noi, invita la mia amica e balla da uomo. Incinta o in carne, visto il suo aspetto rotondeggiante, difatti, non era un granché come ballerina, figuriamoci come leader. Per animare la serata si è pure festeggiato il compleanno di uno dei signori presenti. La ronda e il cumple milonguero si svolgono in maniera regolare. Lo spumante è stato offerto dal festeggiato a sorpresa, mentre la torta dalla donna che lo accompagnava, che aveva organizzato il tutto a sua insaputa. Come succede in questi casi dopo essere stato il protagonista nello spazio dedicato al brano, il nostro ballerino si sente in dovere di invitare le presenti. Così invita una donna a fare una tanda. Nel bel mezzo del brano appassionato, squilla il cellulare del signore, che teneva nella taschina della giacca, cosa già, piuttosto disdicevole di per sé e con nonchalance, ecco che risponde agli auguri all’interlocutore, continuando a tenere la dama abbracciata senza smettere di ballare. La telefonata è durata un bel po’ e lui una volta terminata la conversazione, sorridendo alla donna, con qualche frase di scuse, sempre senza smettere di ballare, finisce la tanda. No comment! Il tango è morto lì! Il Dj della sera aveva più o meno l’espressione della collega del pomeriggio. Alla sua accompagnatrice, gli organizzatori avevano riservato un posto dietro le quinte ovviamente, per evitare di essere concorrenziali con le tanghera che avevano pagato il biglietto d’ingresso. Clou della serata è stata l’apparizione di un bel ragazzo di colore alquanto particolare e noi con la mia amica ci chiedevamo da quale Paese provenisse. Ci ho pure ballato, ma è stata una guerra sulla posizione del busto poiché io tendo sempre a stare frontalmente e lui invece mi teneva alla sua destra. Appena me lo consentiva tornavo davanti al suo petto e lui quasi a forza, mi rimetteva al mio posto. Sotto sotto, mi ci scappava da ridere! Durante la tanda, più volte mi ha lasciato il braccio destro, cosa che sopporto poco, perché non so dove tenerlo, ma fortunatamente finisce anche quella tortura. Andiamo via piuttosto presto, con i saluti di tutti e con l’idea di rivederci il giorno dopo. Ahimè era solo una loro idea, poiché noi siamo andate in tutt’altre milongas. Ci siamo rifatte il giorno dopo, a una pomeridiana carinissima, in posto piccolo, caldo e accogliente: Una libreria!. Finché non sono arrivati i super bravi, tutti ballavano con tutti. Ho incontrato tangueri che già conoscevo, con immenso piacere e perfino il mio amministratore preferito, Emanuele Auteri, che gestisce una pagina dove il venerdì pubblico la mia rubrica “Il tango di marì”. Esordisce prima di cominciare a ballare: «Fai la brava!». Invece la tanda è stata meravigliosa, carica di emozione, poiché il contatto visivo e i veri abbracci, sono ben altra cosa rispetto allo scambio di frasi scritte tramite messaggi. Bravissimo milonguero, nonostante il sovraffollamento, è riuscito a ricreare la magia, che il tango garantisce sempre.

Per la serale siamo andate invece in un’altra rinomata milonga dove, a parte l’aver incontrato Pablo Veron, i tangueri si sono rivelati appieno. Tutti super bravi messi li in ronda, a far vedere cosa sapevano fare. Tanta tecnica e poca passione!. Peccato il tango è tutt’altra cosa!. Allora morale della favola: cari tangueri le prossime scelte, fatele in maniera oculate e cercate, eventi con il bollino blu. Agli organizzatori suggerisco, inoltre, di annullare gli eventi programmati se non hanno la minima garanzia di riuscita poiché questo, nuoce a tutti, in primis a loro stessi.

 

Nota del redattore: l’immagine selezionata per accompagnare questo articolo non fa riferimento all’evento di cui sopra. 

HA SCRITTO PER NOI #
Maria Caruso

Marilù (Maria Caruso) Marina de Caro ha visto il primocielo a San Felipe (Venezuela), ha fatto il primo ocho atras a Pisa. E’ in Italia dal 1977 e per tre anni ha abitato in Sicilia. Le piace raccontarsi e raccontare con le parole che le passano per la testa ballando un tango in milonga

ARTICOLI CORRELATI #

3 commenti

  1. Michele Mollica ha detto:

    Vi faccio una domanda; ma cosa ci aspettiamo da una maratona alla quale si riesce a prenotare all’ultimo minuto?
    Cosa ti aspetti da chi organizza su pavimentino in marmo?
    Già questi 2 elementi erano sufficienti per scappare a gambe levate.

    Per l’amministrazione del sito, sta utilizzando la stessa foto che sto utilizzando

    per gli amici stranieri che transiteranno da Bologna tra La Tosca Marathon ed il Pensalo Bien Marathon.

    • Maria Caruso Maria Caruso ha detto:

      Già… comunque in fondo all’articolo c’è questa nota della redazione che copio e incollo in questa risposta:
      Nota del redattore: l’immagine selezionata per accompagnare questo articolo non fa riferimento all’evento di cui sopra.

Rispondi a Michele Mollica Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*