El Abandono V

PUBBLICATO IL 29 Marzo 2018

di Victor Hugo Del Grande

Bandoneon, vecchio bambino… Con mio nonno e tanti altri, arrivasti nascosto nella pancia di quella nave. Poi qualcuno ti portò in un “piringundin” di La Boca​ e lì sei rimasto, piangendo note e solitudine. Iniziarono a notare la tua presenza, la tua voce… Qualcuno parlò di te a quel ragazzino, figlio di immigrati francesi … che gli amici chiamavano “El tigre”.

Fu amore “a primo suono”, pensasti di aver trovato con chi condividere l’enorme responsabilità di essere la voce di migliaia di notturni abitanti, di un lunfardo arrabal infreddolito per la nostalgia e tutte le miserie che affollavano la nuova vecchia  Buenos Aires. Ma anche lui morì, in una notte umida di Montmartre, e ti abbandonò.

Una sera camminavamo per le strade di La Boca: Canaro, El Pacho, garrote Greco ed io. Dopo aver bevuto e riso per ore, stupidamente ubriachi, tornavamo a casa. Notai una piccola ombra appoggiata ad un muro, che respirava e ad ogni fiato gemeva teneramente.

– Pascual! Che fai? Dài, andiamo che è tardi.

– Tornate voi, io mi faccio l’ultima sigaretta guardando il riachuelo.

Mi avvicinai guardingo, ma deciso, i lamenti erano costanti. Già a pochi metri ti vidi appoggiato tremante sul muro scrostato e umido. La luce di un lampione a kerosene mi fece vedere il tu viso, le mille rughe del tuo mantice sgonfiato , una targa di ottone  diceva che eri stato abbandonato sotto il portico di un convento di suore.

Mi guardasti dritto negli occhi, ebbi la certezza che avevi capito tutto di me, che già non potevo più cantare e che anch’io avevo l’anima segnata dal dolore.

Come una madre universale, mi chinai per darti calore. Ti alzai in un gesto deciso per farti capire che eri al sicuro e ti cullai sul mio petto mentre intonavo un tango che non avevo ancora scritto.

Ti portai a casa con me, quando arrivammo ti bastò uno sguardo per capire che non eri il solo ad essere stato abbandonato. I tuoi occhi mi guardarono con tenerezza, capii che volevi consolarmi, cantando un tango per me.

Ti misi sulle ginocchia e premendo i tuoi tasti ingialliti per l’oblio, la tua voce rauca graffiò la mia anima.

C’era così tanta tristezza nel tuo canto… Non riuscisti a consolarmi… Crebbe la mia malinconia e in un duetto mistico e tanguero, in quella “noche triste”, mio “bandoneon arrabalero”, il tango ci unì per sempre.

​BANDONEON ARRABALERO   (1928​  musica: Juan Bautista Deambrogio ‘Bachicha’  parole: Pascual Contursi)

Bandoneon arrabalero (di periferia)

vecchio mantice sgonfio​,

ti trovai come un “Pebete” (bambino)

che la madre abbandonò.

Sulla porta di un convento

senza intonaco nei muri,

sotto la luce di un lampioncino

che di sera ti illuminava.

 

Bandoneon, tu che vedi che sono triste

e non posso più cantare,

tu sai che porto nell’anima

il segno di un dolore.

 

Ti portai nella mia stanza,

ti cullai sul mio petto freddo,

anch’io abbandonato

mi trovavo nel “Bulin” (stanza).

Hai voluto consolarmi

con la tua voce rauca,

e le tue note addolorate

aumentarono mi “berretin” (falsa illusione)

 

HA SCRITTO PER NOI #
Victor Hugo Del Grande

Il Maestro VICTOR HUGO DEL GRANDE nasce a Rosario, grande città portuale dell’Argentina, attraversata dal Paranà. Insegna tango da tempo, dopo aver dedicato molti anni allo studio e alla pratica della lirica che lo ha portato in Italia, negli anni’90, a cantare come tenore. La sua formazione, in Argentina, è però poliedrica: studia canto e tecnica vocale, ma anche teatro, compone ed interpreta musica popolare argentina e tango. Con la serietà e la passione che hanno attraversato gli incontri con le altre forme d’arte, che hanno affascinato e formato Del Grande, anche l’interesse per il Tango non si riduce alla pur consistente dimensione della danza: tiene insieme l’importanza della tecnica del movimento, la storia, le diverse musicalità, il peso specifico culturale… Con questo bagaglio, questa profondità, e con una personalissima visione della tecnica, Victor Hugo Del Grande nei primi anni ’90 apre a Milano una scuola di tango, quando il Tango non era di moda, ma qualche pioniere scommetteva sulla possibilità di diffondere, anche fuori dai confini argentini, lo spirito popolare e la potenza espressiva di quella altissima manifestazione culturale ed artistica che il tango rappresenta, e gli ha consentito di essere proclamato ‘patrimonio universale’dall’Unesco. Per anni il Maestro alterna l’attività di canto lirico nei teatri italiani con l’insegnamento del tango argentino, che struttura in modo estremamente ricco di approfondimenti storici e culturali, attraverso stage, corsi, rassegne cinematografiche incentrate sul tango, cicli di lezioni storiche resi unici dalla contaminazione di innesti autobiografici e approfondimenti storiografici. E’ con questo vasto e approfondito repertorio di competenze, con una inesauribile passione per la ricostruzione filologica delle origini e al tempo stesso per la modernità intrinseca del tango che nel 2007 fonda l’Associazione culturale Tango Azul,per valorizzare, promuovere ed implementare la cultura del tango argentino. Oggi Tango Azul rappresenta ancora per Victor Hugo Del Grande l’occasione di mettere al servizio di chi lo desidera una grande esperienza artistica maturata in anni di pratica e ricerca nel campo della musica, del teatro, della danza. Alla pratica costante dell’insegnamento si affiancano oggi le radicate passioni in campo musicale, cui si devono le recenti composizioni di brani inediti di musica popolare argentina in un proficuo connubio artistico con Mariano Speranza, amico ed ispiratore e regista del gruppo musicale ‘Tango Spleen’. Le atmosfere di questa ormai lunga carriera maturata nella storia della cultura argentina si possono avvicinare e ‘respirare’ sia nei corsi di tango che nelle milonghe domenicali organizzate da Tango Azul, luoghi un po’ incantati, dove vale una regola: “​Esibire, ostentare appartengono al mondo della materia. Il tango parla alla dimensione dell'anima, che non conosce il tempo: ci si può fermare durante una pausa in un abbraccio interminabile, mentre si ascolta la frase di un violino o si è colpiti dalla metafora di un testo che ci commuove”.

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