Le figure nel tango

La magia dell'improvvisazione

PUBBLICATO IL 12 Giugno 2018

La figura nel tango argentino è una particolare posizione armonica assunta dal corpo e risultante dai passi eseguiti dai ballerini durante la danza, figura che può essere riprodotta sulla pellicola oppure letta dagli occhi di chi scrive.
Le figure non sono predefinite, ma scaturiscono dall’improvvisazione data dall’attimo, dal sentimento, dalla musica: attraverso l’andare avanti, indietro, di lato, in obliquo, di traverso.

I tangueri, come i cuochi mettono insieme ingredienti diversi e creano piatti non solo squisiti al palato, ma talmente ben decorati, da meritare di essere fotografati o descritti, delle vere e proprie opere d’arte.

Sono proprio le figure improvvisate  che sfociano in un applauso del pubblico, soprattutto di fronte alle esibizioni di grandi ballerini di tango. Il tango si contraddice quando parla di improvvisazione poiché il termine in sé definisce un’azione fatta in fretta, senza preparazione né programmi, ma assumendosi un compito per il quale non si ha alcuna competenza specifica. Di conseguenza si intuisce che per improvvisare occorre non solo un saper fare, ma anche un saper essere, una forma mentis che aiuti ad approcciarsi all’improvvisazione scomponendo le sequenze e le figure imparate. Questa è la vera difficoltà dei tangueri e la cartina tornasole che ne definisce il livello di danza. In pista infatti molti, eseguono sequenze memorizzate a scuola, ma quando cambia il contesto rimangono bloccati nel tunnel di gente che blocca l’iniziale intenzione della coppia tanguera. Ogni movimento nel tango è scomposto. Si parte dalla parte superiore del corpo per poi passare al bacino e successivamente alle gambe e infine ai piedi con i loro adorni. I movimenti non sono simultanei anche se l’occhio poco esperto li percepisce come tutt’uno. Quando si padroneggia il tango, va da sé,  in ogni momento possiamo fare una infinità di cose e tutte completamente diverse tra loro cogliendo un ventaglio di possibili modi di continuare e interpretare la musica del momento. Non è facile infatti disabituarsi ai gesti che si sono abituati a noi e che facciamo continuamente in automatico. La funzione catartica del tango è proprio questa: richiede la massima attenzione e non si può inserire il pilota automatico: tutto riaffiora alla mente come per magia.

Durante la realizzazione delle figure i ballerini si donano reciprocamente creatività nello spazio di un tango, in una milonga. In ogni figura sono rispettati i dettami del saper ballare per cui asse, postura ed equilibrio non devono mai mancare nonostante si improvvisi. Non è affatto facile contestualizzare e cogliere in una foto due corpi nell’atto di svolgere una figura.

Quasi tutti oggi abbiamo un cellulare o una macchina fotografica per scattare foto, nel tentativo di cogliere un momento, ma non tutti siamo veri fotografi così come non tutti siamo in grado di descrivere minuziosamente ciò che gli occhi osservano spontaneamente. Oggi non occorre più una camera oscura, aspettare lo sviluppo dello scatto, se la foto non va bene viene immediatamente eliminata. Oggi si scrive al computer con il correttore automatico e non occorre più cancellare con la gomma quanto scritto con la matita poiché il mouse con una passata lava via le macchie dallo schermo. Anche nella modernità però i ballerini continuano a fare le loro figure a tempo di musica e noi fotografi o scrittori, nel frattempo le abbiamo perse. Oggi la magia dell’attesa si è persa dentro ad una tecnologia che  valorizza meno l’arte e il suo artigiano; attendere la stampa e toccare con mano una foto o un libro di carta contenenti parole è oramai  solo un ricordo nostalgico di chi con questo ci ha lavorato per anni.

Il bravo fotografo così come lo scrittore è colui che sa già quale figura farà la coppia di ballerini che sta ritraendo su quel brano, in quel momento poiché rappresenta il suo stesso sentire. L’attesa prima dello scatto diventa il momento in cui si rivive la camera oscura e la valutazione successiva fa la differenza tra errore e spunto creativo. Lo scrittore descrivendo una figura trasmette i pensieri, i sentimenti e le emozioni provate durante l’esecuzione della figura, ma la valutazione della giusta interpretazione è meno ovvia di quanto si pensi. Un errore di interpretazione nel descrivere o nel fotografare può essere definito come deviazione dell’aspettativa di entrambi gli artisti.
Chi balla però può modificare e trasformare ogni figura perché improvvisa. L’intenzione non può essere creata prima dell’azione e quindi la figura pur avendola imparata a scuola può trasformarsi in qualcosa di diverso se i due attori decidono in quel momento di cambiare le carte in tavola. Mosse nuove, in situazioni impreviste, possono risultare figure straordinariamente uniche che aduna prima impressione potrebbero non sembrare tango. Il giudizio è solo nella mente di chi osserva e limita l’inevitabile evoluzione del tango.
Nella teoria tutto si può fare: nulla si crea e niente si distrugge, ma tutto si trasforma in qualcosa di nuovo mai realizzato prima. Ciò spiega il tango nuevo, l’abbraccio largo e quant’altro che oggi osserviamo nelle nostra milongas.

HA SCRITTO PER NOI #
Maria Caruso

Marilù (Maria Caruso) Marina de Caro ha visto il primocielo a San Felipe (Venezuela), ha fatto il primo ocho atras a Pisa. E’ in Italia dal 1977 e per tre anni ha abitato in Sicilia. Le piace raccontarsi e raccontare con le parole che le passano per la testa ballando un tango in milonga

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