Seconda milonga berlinese per una ballerina italiana: abbracci al rallentatore e profumino di fish&chips.
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Sai di abbraccio fritto
(https://www.storieditango.it/abbraccio-fritto/)
Seconda milonga berlinese (dopo ben una settimana di astinenza da tango).
Palle di luce attaccate alle colonne della sala come fiori sporgenti. Un pianoforte rotto. Poltroncine di pelle stile castello di un conte. Il fiume vicino.
I tedeschi abbracciano? Sì, abbracciano.
Ma forse la domanda era: i tedeschi sanno abbracciare?
Sì. Sanno abbracciare. Per lo più abbracci aperti. Pochi abbracci stretti, ma quando sono stretti, lo sono davvero.
Il primo che mi invita a ballare è R. Mi dice di essere un principiante e che spera non sia un problema. Io gli dico di essere italiana e che spero non sia un problema. R. sorride. Mi risponde che il tango è una lingua universale.
Dopo R. mi invitano un po’ di vecchi signori distinti, che mirano con gli occhiali sotto il naso e prima di ballare se li infilano nella tasca sinistra della camicia. Non sono alla milonga tanto per stringere una donna a sé, questi distinti signori sanno il fatto loro, si lanciano in alcuni passetti deliziosi, si divertono, giocano con il ritmo. Con stupore scopro che i tedeschi sono molto musicali. In effetti nella storia della musica classica c’è giusto giusto qualche compositore tedesco appena appena rilevante.
Uno dei ballerini più simpatici è K., che ha perso la voce e ad ogni pausa tra un brano e l’altro sfoggia un sorriso ispirato e rantola: «Es hat sooooooo viel Spaß gemacht».
Il migliore in assoluto però è J. Abbassa l’età media della sala e avrà forse qualche anno più di me. J. è uno di quelli che per entrare nell’abbraccio ci mettono una vita e mezza. Di quelli che sollevano le braccia in aria tutti cerimoniosi e solo piano piano – piano piano – piano piano le calano sulla tua schiena e sulla tua mano sospesa (e intanto il brano è arrivato a metà).
non è di quelli che vogliono iniziare con un “track”. Vuole metterci intenzione, attesa, vuole dire “oh, guarda come sto dando importanza a questo abbraccio” e intanto sta dando importanza al suo dare importanza all’abbraccio. Quando sento tutto questo armeggiare di importanza mi dico: “J., qui non ci siamo proprio. Tanto più che hai le mani ghiacciate e il tuo maglione (un morbidissimo dolcevita nero) puzza di fritto. A tratti, non so perché, mi pare tu sappia perfino di lime”. Me lo immagino mentre, prima di andare alla milonga, si scofana una teglia di fish and chips con un mojito. Fortunatamente, una volta preso il via, J. balla molto bene.
Seconda milonga berlinese.
Palle di luce attaccate alle colonne della sala come fiori sporgenti. Un maglione fritto. Signori distinti stile corte al castello di un conte. Il fiume vicino. La musica anche. La musica di nuovo dentro, finalmente.
Giovanna Miolli ha studiato filosofia e lavora all’università. Ha vissuto in Italia, Germania e Australia. A ventinove anni ha iniziato a ballare tango, ogni giorno si chiede perché non abbia cominciato prima.
Osserva le persone dal tram, ama il gelato al pistacchio, soffre se non scrive.
Uno dei suoi dispiaceri più grandi è che le scarpe da tango non vadano mai in saldo. Una delle sue gioie più grandi è che il tango non vada mai in saldo.
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