Finché c’è tango c’è vita!

Viaggio all'interno del nostro sentire

PUBBLICATO IL 21 Febbraio 2020

Vittoria Maggio

Foto di Antonio Tomasino

Vittoria Maggio, nome d’arte di Tiziana Piacentini, ballerina e scrittrice, si laurea in Lingue all’Università degli Studi di Milano e inizia la sua attività letteraria come traduttrice di Harlequin Mondadori. Qualche anno dopo entra in un ambizioso progetto di Sonzogno Editore e pubblica Romanzo Gitano, dove unisce il genere rosa, tipico della famosa autrice italiana Liala, al genere noir che vede nella scrittrice inglese Agatha Christie il paragone di eccellenza. Alcuni anni più tardi nasce la serie di racconti Le avventure di Maria Vittoria Cristi, pubblicati per un importante concorso letterario indetto dal Comune di Milano. La sua passione per la danza e in particolar modo per il tango la porta alla creazione della rubrica Finché c’è tango c’è vita, una serie di articoli dedicati al famoso ballo argentino pubblicati settimanalmente sulla rivista on line dedicata alla danza Dancehallnews.it.
L’autrice decide infatti di prendersi una pausa per dedicarsi alla scrittura di un nuovo romanzo, in attesa di pubblicazione, dal titolo Ritorno a Vieste un viaggio psichico emozionale dove tra le righe riecheggia naturalmente un tango. L’incontro con Faitango  nasce per caso, come per caso nascono gli incontri, soprattutto quelli importanti e così la proposta di ripresentare Finché c’è tango c’è vita in una nuova veste, quella di un cammino, di un percorso all’interno del nostro sentire che solo questo ballo, così unico al mondo, permette a ognuno di noi di poter provare.

Finché c’è tango c’è vita! Viaggio all’interno del nostro sentire è un diario di bordo, scritto a tappe, suddiviso per tango e per tema, un itinerario di lettura nel quale l’autrice accompagna il lettore, a passo di tango, nelle delicate dinamiche relazionali della nostra vita che si rispecchiano in quell’eterno circolo antiorario che è la milonga, il luogo dove si balla il tango, dove tra musica, sguardi, lustrini, gilet e tacchi a spillo, ognuno di noi, senza parole, racconta tanto di sé.

AGENDA DI VIAGGIO

Preparativi e improvvisazione

A Evaristo Carriego: Il mio viaggio nel tango

Foto Antonio Tomasino

Ognuno di noi ha il suo personale viaggio nel tango; ognuno di noi ha il suo inizio, ognuno ricorda bene quel magico istante in cui ha detto SI al tango, il più delle volte improvvisando quel fatidico SI, come quando dici SI all’amore col cuore aperto lasciando da parte la ragione, la grande avversaria del nostro sentire.
Il mio viaggio nel tango comincia nel lontano novembre 2003: in quel momento si concludeva una tappa importante della mia vita poichè finiva un lungo amore e ne iniziavo così una nuova a passo di tango.
Un po’ per curiosità, sicuramente per amore della danza, mi iscrissi a un corso base. Fu un periodo bellissimo: la “scimmia” del tango, come un’ossessione, una necessità, mi prese così forte che andavo a ballare tutte le sere. Erano anni in cui questo ballo era ancora per pochi, anni in cui confessare a qualcuno di ballarlo era una segreta confidenza. Lasciai il tango un paio d’anni dopo, all’inizio di una nuova tappa della mia vita, era arrivato un nuovo amore, e questo ballo non avrebbe potuto avere il suo posto. Capita spesso così, a torto o a ragione , si cambia viaggio ed emozione. Nel tango si entra e si esce, si va e si viene.
Un famoso artista anni fa ha dichiarato che se ci si avvicina al tango per moda facilmente lo si lascia, se ci si avvicina per vera apssione non lo si labbandona più, nel tango si va e si viene, ma sempre si torna.
Non è detto infatti che il primo incontro col tango sia quello definitivo. Si dice infatti che sia lui a dover incontrare te. Come l’amore, se lo cerchi non lo trovi. E così fu.
Dieci anni dopo fu lui a trovare me e da allora non c’è tappa della mia vita che mi possa allontanare dai suoi passi! Perché ho scelto per i preparativi del nostro viaggio il tango intitolato A Evaristo Carriego? Perché è la musica della mia sveglia del mattino con la quale inizio il mio viaggio quotidiano e perché è un brano che mette d’accordo tutti in milonga, puristi e innovatori.
Evaristo Carriego è stato un poeta argentino dalla poetica semplice, come la breve vita vissuta stroncata dalla tisi a 29 anni nel 1912.
Perché Jorge Luis Borges gli abbia dedicato un libro esattamente non lo so, forse il legame col tango che l’illustre scrittore amava tanto e che Carriego ha descritto ne La Cancion del barrio, la sua opera più conosciuta, li unisce in un insolito abbraccio.
Per noi tangueri, il brano dedicato a Evaristo Carriego è soprattutto un bellissimo tango, uno di quelli che mette d’accordo tutti, puristi e milongueri nonché amanti del tango nuevo: certo non è facile ballarlo, ma raramente si rinuncia a scendere in pista alle sue prime affascinanti note.
A Evaristo Carriego venne inciso attorno agli anni ’50 dal trio di musicisti Eduardo Rovira al bandoneòn, Rodolfo Alchourron alla chitarra elettrica e Fernando Romano al contrabbasso.
È diviso in due parti a velocità alternate, lento, veloce e lento; inizia con un tema toccante ed emozionante seguito da un ritmo veloce che ricorda le periferie del quartiere Palermo di Buenos Aires, descritte da Carriego, popolate da guappi, compadritos, donne di malaffare, caffè e sobborghi concitati.
Nel 1969 il grande compositore Osvaldo Pugliese ha colto l’essenza profonda del brano e lo ha ricreato, trasformandolo in un’opera indimenticabile: il tema che tutti conosciamo entra quasi strisciando da sotto una porta, trascinandosi poi in un ritmo ossessivo che si intreccia successivamente con un secondo tema inventato ex novo da Pugliese.
Si crea una tensione che a tratti sfoga e a tratti viene trattenuta a stento fino all’orgasmico finale e alla conseguente liberazione. A volte il ritmo di questo tango ricorda una sorta di alternanza tra equilibrio e follia con quel crescendo che richiama il noto Bolero di Ravel quando esplode nel famoso finale. Tutto questo è A Evaristo Carriego o forse tutto questo è per me: qualsiasi opera artistica, per essere tale, lascia a ciascuno di noi il proprio pensiero, la propria emozione, un sentire personale e unico. Non pretendo certo che Finché c’è tango c’è vita  sia un’opera artistica, spero invece che ciascun lettore possa trovarvi un poco del suo modo di intendere e vivere il tango e perché no anche la vita!

Buon viaggio tangueri! In attesa della prossima tappa raccontate nei commenti come è iniziato il vostro viaggio nel tango…

 

 

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