Adios Nonino

Il dolore dell’addio

PUBBLICATO IL 20 Marzo 2020

Prima tappa

Foto di Antonio Tomasino

Il nostro viaggio nel tango iniziato poche settimane fa ha dovuto effettuare una “fermata” non prevista che ci ha portati a parlare di quanto sta succedendo in questo momento storico.

Il tango ha questa rara capacità di essere profondamente e strettamente legato alla vita reale da essere sempre attuale nel bene e nel male.

Una delle sue caratteristiche fondamentali infatti è l’improvvisazione, così come il non previsto può entrare nella nostra vita cogliendoci di sorpresa:

Finché c’è tango c’è vita non può avere quindi tappe regolari per la sua stessa natura fatta di tango e di vita. Basato sull’improvvisazione, sul fermarsi in un luogo, in un tempo, in un tango non preventivato è quello che sarà la nostra rubrica.

L’inizio di un viaggio a volte può comportare la fortissima emozione dell’addio di qualcosa o qualcuno a noi caro, di una parte di noi, delle nostre abitudini, del nostro “piccolo mondo”. L’addio è uno dei temi che connotano sia il tango sia la vita e in questi giorni purtroppo abbiamo di fronte a noi la paura e la realtà di tanti addio che non possiamo nemmeno degnamente e umanamente celebrare.

Nella storia del tango, chi a fine ‘800 lasciava la propria terra, la propria casa e gli affetti alla ricerca di una nuova vita in una terra lontana, diceva addio con una metà del cuore rivolta al passato e con l’altra metà protesa al futuro; iniziava il viaggio, ben sapendo che con tutta probabilità non sarebbe mai tornato nella terra d’origine.

C’è un meraviglioso tango che amiamo tutti molto e sulle cui note ho provato metaforicamente a viaggiare col pensiero e con l’ascolto: Adios Nonino composto da Astor Piazzola nel 1959.

Mi sono lasciata trasportare dalle sensazioni con cui quest brano è capace di avvolgere: il suo autore voleva che fosse, forse non a caso, ascoltato più che ballato, così come si ascolta dentro di sè un addio.

La lunga introduzione al pianoforte crea una sorta di suspense accompagnata dalla dolcezza che le note lentamente cominciano a esprimere.

La geniale melodia principale sfocia poi nelle note del bandoneon, il tipico strumento del tango argentino che ricorda una grande fisarmonica. Con la soavità delle sue note acute suonate con la mano destra, il bandoneon inizia a danzare e a darsi il cambio con le note del pianoforte più gravi, più cupe e profonde, quasi in un’alternanza di speranza e delusione.

Adios Nonino é un percorso di vita nei suoi nove minuti ipnotici: c’è un inizio che è quasi una nascita, c’è calma, equilibrio; arriva poi l’esplorazione cui segue una corsa sfrenata, ricerca, ansia, angoscia; e ancora il placarsi a metà brano con l’armonia dei suoni; poi arriva il finale nell’arrendevole e struggente tristezza del violino che lentamente, come la vita, si spegne e segna il suo addio.

Adios Nonino é legato a una vita che si spegne: fu composto da Astor Piazzolla a New York nel 1959 dopo aver ricevuto la notizia della morte improvvisa del padre Vincente, chiamato affettuosamente Nonino, una variante ispanica del nostro vezzeggiativo Nonnino. Il brano nasce per dirgli addio, per salutarlo da lontano un’ultima volta.

Anche nella mia memoria questo tango é legato a una vita di una persona cara che se ne é andata all’improvviso, al suo sorriso che poche ore prima aveva ascoltato le note dell’amato tango, sorseggiando un bourbon seduto con eleganza nella sua verde poltrona.

Adios Nonino é uno dei pezzi più rappresentativi di Piazzola che lo definì il suo tango “numero uno”; lo amava profondamente così come amava immensamente quel padre tanguero della “vecchia guardia”, dal lavoro poco chiaro, poiché pare fosse un collaboratore di un boss della mala, così come racconta in un’intervista precisando con orgoglio che Victor “era mas loco que yo”!

Da lui imparò ad amare il tango, ma nello stesso tempo ad allontanarsi da quel genere di tango che riteneva troppo popolare, per cercare quello nuovo o meglio per cercarne l’evoluzione ed elevarlo a musica colta ed elegante.

La biografia di Astor Piazzola si può leggere ovunque. Desidero ricordare di lui ciò che invece traspare dalle sue interviste, dove il suo sguardo sicuro ti arriva dritto, nonostante il filtro di YouTube, come se fosse di fronte a te; della determinazione di cui sono condite le sue parole, della sua caparbietà nel cercare il nuovo senza perderne però le radici, del racconto di Parigi dove ha studiato con dedizione e passione la musica classica, abbandonando il tango per cinque lunghi anni senza più “tocar el bandoneon”, ma dedicandosi solo al pianoforte.

Voglio ricordare della sua sfida ai canoni prestabiliti del tango: “in Argentina si poteva cambiare tutto ma non il tango” e lui ne ebbe il coraggio, l’ardore o “ la felice idea” di cambiare quel tango classico che in maniera totalmente istintiva aveva suonato da ragazzino accanto a Carlos Gardel, il mito del tango degli  anni ‘30/’40.

I grandi di allora videro subito la sua genialità e la visione del futuro, la sua modernità che però mai venne meno alla fede nel tango, perché nelle sue stesse parole:

“El tango se lleva dentro de la piel”…Il tango si porta dentro la pelle”!

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