I modelli ritmici dell’America Latina

Appunti sul tango argentino

PUBBLICATO IL 21 Aprile 2020

I modelli ritmici della Guardia Nueva sono un’eredità delle forme musicali di tutta l’America Latina. Questi ritmi si definiscono sul finire del XIX secolo in un tortuoso percorso etnomusicologico a partire dall’incontro delle culture europea, africana e precolombiana. I fenomeni di transculturazione e creolizzazione delle forme, il modificarsi delle prassi esecutive, la ida y vuelta della musica lungo le rotte atlantiche, la denominazione delle forme, sono tutti approfondimenti necessari se si vuole capire l’origine del tango argentino. Tutto questo, naturalmente, armati di un minimo di solfeggio.

I. La divisione della pulsazione e la sincope

Limitandoci all’ambito di questo articolo, si divide la pulsazione in quattro modi.

Dato il metro del 2/4 (dos por cuatro), nella terminologia della musica la pulsazione corrisponde alla semiminima, il contrattempo alla croma e il quarto di pulsazione ad una semicroma. I valori di durata sono rispettivamente 1/4, 1/8 e 1/16.

In generale si parla di “sincope” o “sincopazione” quando gli eventi musicali (note, accenti, accordi, pause) accadono non in coincidenza della pulsazione (o delle sue suddivisioni forti), come suggerisce anche l’etimologia del termine. Detto con altre parole, l’effetto della sincope deriva dalla sfasatura tra l’elemento esplicito del ritmo e quello implicito del metro. La sincopazione è quindi un espediente compositivo che, evitando l’ovvietà della pulsazione (o delle sue suddivisioni forti), serve a rendere ritmicamente più interessante la musica. Nella figura successiva, due tipi di sincope:

La sincope regolare di suddivisione è composta, quindi, dalla giustapposizione di un quarto in battere e di un quarto in levare e viene chiamata, a seconda del contesto, “piè de musica negra”, “sincopa caracteristica”, “sincopa menor”.

II. Le forme musicali dell’America Latina

La diaspora delle forme musicali

La colonizzazione dell’America Latina ha generato flussi migratori di grande interesse etnomusicologico. Tra questi uno dei più significativi è stato la deportazione di milioni di schiavi dall’Africa occidentale. Nelle nuove colonie alle diverse etnie di schiavi era solitamente permesso riunirsi per esercitare le loro tradizioni religiose, musicali e coreutiche, seppure entro i confini delle regole dello schiavismo e di quella che allora era considerata la moralità pubblica. Riferendosi a queste riunioni, che in Argentina e in Uruguay verranno chiamate successivamente “candombes”, Lauro Ayestaran scrive che nel 1807 «…el Cabildo de Montevideo certifica la presencia de los Candombes a los que llama indistintamente “tambos” o “tangos”…» [1] .

Litografia pubblicata nel periodico El Tambor de la Linea a Montevideo nel 1843

Con l’abolizione progressiva dello schiavismo all’inizio del XIX secolo, gli afroamericani poterono meglio integrarsi nel tessuto sociale dell’America Latina, permeando la musica e la danza del colonizzatore europeo, prevalentemente spagnolo, con propri modelli, stilemi e prassi artistiche. Cuba in particolare fu il baricentro di questo processo di “transculturazione” [2], dove ancora oggi vive il contributo genetico e culturale di europei e di africani Yoruba e Congos. La musica cubana costituisce quindi un riferimento per l’etnomusicologia e l’archetipo di molti ritmi diffusi nelle due Americhe.

Alcuni fattori rendono tuttavia difficile ricostruire precisamente i percorsi etnomusicologici delle forme e stabilire quale sia il giusto peso da attribuire ai diversi continenti musicali.

  •  Armando Rodríguez Ruidíaz afferma che «…desde el descubrimiento de la isla en 1492 hasta principios del siglo XIX, no ha llegado hasta nosotros ningún ejemplo musical escrito o impreso.» [3]. In tre secoli di musica suonata nel nuovo mondo le poche testimonianze rilevanti che abbiamo sono narrazioni e iconografie. Le pochissime partiture arrivateci prima del XIX secolo sono prodotte da musicisti di formazione europea che tentano di catturare nel pentagramma una musica i cui aspetti etnomusicologicamente più interessanti risiedono nella prassi esecutiva. Ma la prassi esecutiva, per sua natura, non si presta ad essere fissata nel rigo musicale e viene tramandata oralmente, modificandosi nel tempo a volte in modo misterioso e irreversibile. É questo un problema filologico ben noto e comune a tutta la musica del passato.
  • Bisogna tenere conto dei “cortocircuiti geografici” della musica. Riferendoci al fenomeno di ida y vuelta, le forme musicali venivano portate avanti e indietro dalle compagnie de zarzuelas spagnole, dai marinai che facevano la spola tra i due continenti, dagli artisti che coglievano le novità esotiche del nuovo mondo e creavano delle mode in patria. Diventa quindi difficile distinguere ciò che è originale e archetipico da ciò che è solo transitato in un contesto artistico fluido e dinamico. Il fenomeno di ida y vuelta interessa anche il tango argentino, si pensi alla canzone napoletana che sbarca a Buenos Aires e torna in Europa come tango canción, arricchita della tipica cadenza portena e del lunfardo, che a sua volta è un prodotto ispirato da immigrati italiani. Si pensi ancora a come la formazione colta ed europea dei musicisti della Guardia Neuva abbia plasmato gli stili delle orchestre di tango e come il loro sound abbia riattraversato l’Oceano Atlantico proponendosi come novità. Una qualificazione di uso frequente in queste dinamiche di trasformazione culturale è la parola “creolo” che significa sostanzialmente “nato sul posto ma di origine europea o africana”. Si deve anche tenere conto che una prima diaspora della musica africana avviene verso la Spagna e così il ritmo sesquialtero africano arriva in America Latina indirettamente, sulle navi e nelle forme provenienti dall’Europa. Similmente si deve tenere conto che alcune culture, come quelle araba, giudaica e gitana, hanno arricchito a più riprese le musiche di tutto il mondo.
  • In Argentina, dell’esistenza dei negros resta oggi ben poco in quanto il loro peso demografico declinò drasticamente durante il XIX secolo. I censimenti, pur con tutte le riserve sulla loro attendibilità, parlano chiaro: nel 1838 gli afroamericani di Buenos Aires erano il 26 percento della popolazione, cifra sicuramente sottostimata, nel 1887 erano meno del 2 percento [4]. Il contributo delle varie cause alla misteriosa sparizione degli afroargentini è oggetto di una revisione solo da pochi decenni. Tra queste ci sono la politica di “sbiancamento” della società argentina, il massiccio afflusso degli europei, l’alto tasso di mortalità dovuto alle guerre e alle epidemie, la cessazione dell’afflusso di schiavi. Il mescolamento razziale seguito ai matrimoni misti, infine, ha mitigato e nascosto i tratti somatici degli afroamericani, permettendo al contempo la trasmissione del loro patrimonio genetico. Secondo stime recenti, oggi circa il 10% della popolazione di Buenos Aires ha almeno un antenato africano. Considerazioni analoghe si possono fare riguardo ai popoli autoctoni precolombiani, gli Incas anzitutto, il cui contributo cullturale è di difficile quantificazione in quanto nascosto dal loro genocidio.
  • Ayestaran sottolinea una certa confusione dei termini: «La palabra Tango cubre en ese mismo siglo tres expresiones: el Tango o Tambo de los negros esclavos, el Tango español que se irradia en 1870 por la vía de la zarzuela, y el Tango orillero que florece en 1890» [5]. Si aggiunga che lo stesso ritmo viene chiamato “tango congo”, “tango africano”, “ritmo de tangana”, “ritmo de habanera” a seconda dei contesti e che veniva inserito in forme simili ma dai nomi diversi [6]. Fino a quando non si contestualizza in modo preciso la parola utilizzata per designare una forma, soprattutto una forma popolare, essa resta una scatola nera e da adito a numerosi fraintendimenti. Un altro esempio, già citato, è quello del candombe che attraversa diverse fasi della sua esistenza in cui forma e funzione sociale cambiano radicalmente ed in cui è stato chiamato anche “tambos”, “tango”, “conga”, “lucamba” e così via. Anche riferendosi al tango si deve contestualizzare se questo appartenga alla Guardia vieja o alla Guardia nueva ed eventualmente discriminare quando è possibile tra le categorie “tango antico”, “tango creollo”, “tango milonga”, “tango canción”, corrente “tradicionalista”, corrente “decareana”.

La transculturazione delle forme musicali
Olly Wilson [7] elenca queste caratteristiche della musica africana:

  • regolarità della pulsazione
  • predominanza delle percussioni
  • poliritmia e polimetria
  • fraseggio off-beat degli accenti melodici
  • struttura di chiamata e risposta

Si può aggiungere che le dimensioni di armonia e contrappunto sono sostanzialmente assenti e che la forma e la melodia sono trattate in modo minimalista. Basandoci sul lavoro di Joseph Hanson Nketia si può anche affermare che tra le diverse etnie vi fosse un buon grado di omogeneità dei ritmi e che questi fossero fondati prevalentemente sul metro 12/8 [8].
La caratteristica sincopazione che informa tutta la musica africana è il risultato di più elementi interconnessi:

  • la poliritmia e la polimetria, ossia della sovrapposizione e giustapposizione di ritmi differenti che, presi singolarmente, possono essere anche molto semplici
  • la tendenza a cantare off-beat, ossia a sfasare l’elemento melodico rispetto alla pulsazione
  • la predisposizione dei musicisti africani ad una elasticità e “malizia” ritmica per la quale le durate dei suoni vengono aggiustate e rielaborate facilmente
  • la pratica costante dell’improvvisazione, implicita nella tradizione orale della cultura

Queste peculiarità si applicano anche alla danza dove, analogamente, si parla di “poliritmia del corpo” [9] . Al contrario nella musica europea, sia colta che popolare, la poliritmia era un’eccezione, la base ritmica era univoca e identitaria della specifica forma, le linee melodiche erano più coerenti con la pulsazione e con le sue suddivisioni, gli strumenti a percussione erano minoritari quando non assenti.
Il ritmo inoltre costituiva alla pari di forma, melodia, armonia e contrappunto solo un elemento della composizione e delle prassi esecutive. Tutto si fissava nella partitura. Lo spazio della prassi esecutiva, dell’improvvisazione e dell’interpretazione personale era lasciato a quegli elementi che non venivano scritti, tra cui l’elasticità ritmica, l’articolazione, l’abbellimento.
Secondo un’interpretazione condivisa da molti musicologi, nel “brodo ritmico” della poliritmia e polimetria africana coesistevano modelli, stilemi e prassi esecutive che sarebbero diventati la base di molte forme musicali. I ritmi in particolare furono integrati in un processo di transculturazione con le musiche e i balli provenienti dall’Europa. Tra le prime musiche ad essere creolizzate, la contradanza che era sicuramente presente in America Latina all’inizio del XVIII secolo [10]. In estrema sintesi si può dire che dalla vitalità ritmica degli afroamericani furono estratti e “quadrati” nei metri 2/4, 3/4 e 6/8 i singoli modelli ritmici. In questa metamorfosi potrebbe rientrare il processo di binarizzazione dei ritmi coloniali di cui si parlerà più avanti. Vale anche la prospettiva opposta secondo cui i modelli ritmici preesistenti nelle forme che provenivano dalla Spagna e in quelle precolombiane, furono assimilati, arricchiti di una maggior sincopazione e, forse, binarizzati quando finirono nelle mani dei musicisti afroamericani.
Alejo Carpentier afferma che «…y es que los jóvenes de calesa, chistera y leontina, que concurrían a las casas de baile, hallaban en el modo de tocar de las orquestas de negros, un carácter, un pep, una fuerza rítmica, que no tenían otras de mayores pretensiones. En numerosas crónicas y artículos de periódicos coloniales se nos habla de la creciente preferencia que se tenía por las “orquestas de color” en cuanto se refiriera al baile. Ciertas contradanzas “gustaban más” cuando las tocaban los pardos» [11]. Emilio Grenet afferma che era consuetudine dei musicisti afrocubani quella di adattare i valori ritmici delle melodie spagnole al cinquillo, il modello ritmico afrocubano per eccellenza. Questa pratica viene chiamata “atraversar” o “meter en los palos” e si riferisce alla trasformazione ritmica delle melodie spagnole secondo il gusto afrocubano [12]. Come esempio riporta queste due versioni di son cubano, la prima adeguata alla chiara estetica spagnola, la seconda filtrata dalla musicalità havanera secondo la prassi esecutiva del “tocar con sandunga”, ossia del “suonare con malizia”. É evidente anche solo nella grafia la maggior sofisticazione ritmica della seconda.

III. Le figurazioni ritmiche dell’America Latina

Emilio Grenet suggerisce riferendosi al tango africano che «…the simplicity of this rhythm also suggests that it may belong to the sphere of universal idea» [13]. Questa considerazione di buon senso si può estendere agli altri ritmi di base e spiegherebbe la loro presenza simultanea in quasi tutte le culture musicali. Ciononostante ogni ritmo sembra volere la sua storia e l’etnomusicologia ha cercato per quanto possibile di rintracciare i modelli ritmici nelle tante storie della colonizzazione. É importante tenere a mente che questi modelli ritmici sono compresenti in forme diverse, con buona pace dei titoli fuorvianti che si leggono sulle partiture. Forme etichettate come “Tango”, “Milonga”, “Polka”, “Maxixe”, “Bolero”, “Habanera”, “Contradanza”, “Danza”, “Rumba”, “Conga”, “canción”, “Son”, “Pregon” e loro combinazioni, contengono una ricetta di molti ritmi binari diversi. La distinzione tra le forme dipende quindi più dalla destinazione d’uso e da altri parametri musicali che dall’adozione di un modello ritmico. Anche il metro adottato, binario o ternario, non è sempre identitario di un genere perché alcune forme alternano questi due metri in sezioni diverse della stessa partitura e altre forme, come la contradanza, scelgono a volte il metro binario e a volte il ritmo sesquialtero.

La sincopa caracteristica

La sincopa caracteristica è un modello ritmico diffuso in tutto il mondo ed è conosciuta anche come “piè de musica negra” [14]. Per citare qualche esempio in ordine cronologico, è la base ritmica del maxixe o tango brasiliano, del choro e del ragtime, della samba de jareira. Nel tango della Guardia Vieja è, assieme al ritmo del tango africano, la principale base ritmica. Nella Guardia Nueva che la eredita diventa una figurazione ritmica meno frequente ma anche uno stilema tra i più caratteristici. Il cambio di funzione tra le due Guardias è ben documentato nelle partiture di Eduardo Arolas.

Feitico di Ernesto Nazaret

Derecho viejo di Eduardo Arolas

Il 3+3+2

Il 3+3+2 è un modello ritmico presente contemporaneamente in culture musicali geograficamente lontane, nella musica klezmer, nella conga cubana, nella milonga campera per esempio. Viene chiamato anche “tresillo” quando non ci si riferisce all’omonimo gruppo irregolare, la terzina per antonomasia, composta invece da tre note uguali. Nella milonga campera o milonga pampeana suonata dai payadores questo ritmo è spesso realizzato accentuando le note gravi della chitarra e prende il nome di bordoneo. Gabino Ezeiza, payador afroargentino famosissimo nato del 1858, si attribuisce il merito di aver portato lui il ritmo binario del candombe, riferendosi presumibilmente al 3+3+2 o ad una sua variante, nella payada e quindi nella milonga pampeana. Altri sostengono invece che la milonga pampeana sia il risultato della binarizzazione della guajira aflamencada in guajira acriollada resasi necessaria in quanto i payadores non erano abituati alla complessità ritmica ed esecutiva del flamenco [15][16]. Esistono poi testimonianze e approfondimenti secondo cui la milonga pampeana deriva direttamente dalla guajira acriollada. La milonga campera viene oggi praticata dai moderni cantautori come Atahualpa Yupanqui, Argentino Luna, José Larralde e Alfredo Zitarrosa. In tempi recenti Astor Piazzolla ha “restaurato” il 3+3+2 assumendolo a modello ritmico nei sui tanghi.

Milonga en Do di José Pierri Sapere, chitarrista nato nel 1886 in Uruguay

Lundù da Marqueza de Santos di Heitor Villa-Lobos

Oblivion di Astor Piazzolla

Il tango africano

Il tango africano o tango congo o ritmo de tangana o tango habanero viene spesso identificato con la habanera, che è invece una forma integrante anche altri ritmi e, come suggerisce il nome, un prodotto specificamente cubano. Questa cellula ritmica è stata “cristallizzata” e divulgata internazionalmente con La paloma di Sebastian Yradier, fino a suggestionare con la sua carica espressiva anche la musica colta. Analogamente al 3+3+2, di cui è una variazione e una semplificazione, il tango africano potrebbe essere il risultato della binarizzazione delle forme, avendo così una genesi creola e non propriamente africana. Di opinione opposta Néstor Ortiz Oderigo: «Aclaremos que la voz tangana, fundida en crisoles del idioma kimbundu, una de las vigorosas ramas de las opulentas hablas bantúes, designa, en el Africa occidental y en las zonas etnoculturales del Congo, de Angola y Mozambique, el ritmo que en América y en Europa se conoce como habanera.» [17]. Alcuni musicologi suggeriscono infine che questo modello ritmico esistesse precedentamente nella musica autoctona e precolombiana degli Incas [18] .

“San Pascual Bailón” 1803 (la data potrebbe non essere corretta [19])

“Tu” di Eduardo Sanchez de Fuentes

“La paloma” di Sebastian Yradier

Sintesi di alcuni modelli ritmici binari

Si vede facilmente dal confronto grafico come alcuni ritmi, diffusi in tutta l’America Latina all’inizio del XIX secolo, siano imparentati. All’ascolto è facile percepirli come varianti l’uno dell’altro. Il tango africano si può considerare sia una variante della sincopa caracteristica che una semplificazione del 3+3+2, che sommandosi alla pulsazione perde la sincope. Il cinquillo, che informa le principali forme cubane, si può interpretare come una sincopa traslata di mezza pulsazione o come un arricchimento del 3+3+2. La costante e la caratteristica di questi modelli ritmici è l’anticipo della seconda pulsazione che costituisce il probabile apporto della sincopazione africana.

L’utilizzo delle pause e dell’articolazione, in particolare dello staccato e degli accenti, contribuisce alla varietà rendendo a volte incerta la classificazione delle forme compositive e la distinzione tra modelli ritmici.

IV. La sesquialtera e la binarizzazione dei ritmi coloniali

Pur tenendo conto che una parte minoritaria della musica proveniente dall’Africa Occidentale era basata sulla divisione binaria, l’etnomusicologia recentemente ha approfondito un fenomeno che spiega una genesi creola delle forme: la binarizzazione nelle colonie dei ritmi ternari [20]. É nota la distinzione di Carlos Vega tra canciónero binario oriental e canciónero ternario occidental [21]. É un fatto acclarato che le forme basate sul metro 2/4 abbiano prevalso nella costa orientale, anche se in modo non esclusivo, a partire dalla seconda metà del XIX secolo ed è stata documentata nelle partiture di questo periodo la trasformazione di forme e melodie da ternarie a binarie.

cancióneros binario e ternario secondo Carlos Vega

Per ritmi ternari si intendono quelli basati sul metro semplice ternario 3/4 e sul metro composto 6/8. La sovrapposizione e successione di questi due metri viene chiamata sesquialtera o hemiola ed è una pratica poliritmica e polimetrica presumibilmente arrivata in un primo momento dall’africa sub-sahariana alla Spagna ed in un secondo momento dall’Africa occidentale alle nuove colonie americane. Per questa sua origine è stata definita anche estilo sesquialtero africano [22]. Lo stile sesquialtero modellava le prime forme coloniali arrivate dalla Spagna e dall’Africa e costituisce oggi la base ritmica dei principali palos del flamenco e di molte danze latinoamericane come la zamba, la cueca, la chacarera, lo chamamè.

Zarabanda di Gaspa Sanz (Calanda 1640 – Madrid 1710). Di probabile origine medio-orientale, la zarabanda viene citata per la prima volta a Panama, cresce nelle colonie e si diffonde in Spagna nel XVI secolo. In questa sarabanda del XVII secolo si legge la sesquialtera orizzontale, la successione del metro 6/8 con il metro 3/4 nella figurazione ritmica del coriambo.

La Má Teodora, il primo son cubano pervenutoci, contiene la sesquialtera orizzontale.

Frammento del primo zapateo cubano, di Vicente Díaz de Comas, 1855, contiene la sesquialtera verticale.

La matilde contradanza di Manuel Saumell (L’Avana 1818-1870), contiene la sesquialtera verticale

Rolando Perez ritiene che lungo la costa orientale delle colonie il fenomeno predominante sia stato il “prestito musicale” tra i gruppi etnici e non l’ibridazione con le forme spagnole. Questa dinamica si spiegherebbe con la preponderanza demografica degli africani e come forma di resistenza culturale allo schiavista. In questo contesto è emersa una tendenza alla binarizzazione, prima nel canto e poi generalizzata nel ritmo, che ha reinterpretato l’estilo sesquialtero africano producendo prevalentemente ritmi binari. Nella parte occidentale dell’America Latina, dove gli afroamericani erano meglio integrati nel tessuto sociale anche se demograficamente meno presenti, l’estilo sesquialtero africano ha invece sposato e arricchito le forme ternarie della Spagna. La binarizzazione delle forme potrebbe essere il risultato di una semplificazione della poliritmia e in particolare delle figurazioni ritmiche ternarie che, quando in competizione con metri binari e suddivisioni binarie, sono di difficile esecuzione, sia nella musica che nel ballo. Dal confronto grafico si osserva l’aprossimazione che, nella prassi esecutiva inizialmente e nella partitura poi, potrebbe avere trasformato la terzina di suddivisione in sincopa caracteristica e la terzina di tempo nel 3+3+2.

dalla terzina di suddivisione alla sincope

dalla terzina di tempo al 3+3+2

 

La binarizzazione delle figurazioni ritmiche potrebbe anche essere dovuta alla semplice “parafrasi” di melodie portate dalla forma ternaria alla forma binaria, adattando le figurazioni ritmiche come sopra. La alternanza dei metri nelle diverse sezioni delle forme cubane che ci sono arrivate in forma di partitura rende evidente come la binarizzazione sia stato un processo articolato e abbastanza recente. Scrive Emilio Grenet: «In some samples of our genre, especially in the guaracha, we frequently find a rhythmic sequence which demostrates the adaptation of the 2/4 to the original pattern of 6/8.» [23]. Lo stesso Emilio Grenet, per descrivere le forme cubane del XIX secolo, presenta numerose partiture in cui sezioni binarie e sezioni ternarie si alternano in forme miste come la criolla-bolero e la guajira-son. In queste partiture si osserva anche la sovrapposizione continua di figurazioni ritmiche appartenenti ai due metri, ad esempio la sovrapposizione delle terzine con il ritmo di tango africano. Secondo Armando Rodríguez Ruidíaz questa sovrapposizione genera un «…“desplazamiento micrométrico” de las subdivisiones del compás y de los tiempos del compás. Este recurso produce una impresión de agradable imprecisión rítmica, una especie de ondulación…» [24]. Sebbene questo tipo di poliritmia sia musicalmente stimolante, può essere di difficile esecuzione, prestandosi ad una semplificazione nel contesto della musica popolare. Continua Rodríguez Ruidíaz: «Podemos señalar, como posible factor de cambio, la tendencia en la música africana a flexibilizar la ejecución del ritmo, binarizando o ternarizando los valores a discreción mediante desplazamientos micrométricos de las subdivisiones del compás, con el propósito de crear un efecto de elasticidad rítmica. La oscilación entre la subdivisión binaria y la ternaria, la cual se inclinaba hacia el metro ternario en las antiguas canciónes-danzas sesquiálteras, comienza a derivar gradualmente hacia el metro binario durante el siglo XVIII, hasta quedar fijado en éste hacia finales del siglo XIX.» [25]. A sostegno ancora dell’ipotesi della binarizzazione, la possibilità che alcune forme, in particolare la polka che arriva in Argentina e Uruguay e conquista le sale da ballo latinoamericane a partire dal 1845, abbiano imposto il metro binario favorendo la binarizzazione di altre forme.
Quale che sia la tesi più giusta, dalla difficoltà dell’estilo sesquialtero e delle sue sofisticazioni si è passati, grazie alla duttilità ritmica degli afroamericani, alla ricchezza della sincopazione. Il ritmo di tango africano o quanto meno la sua diffusione sarebbe uno dei prodotti finali più significativi della binarizzazione.

Conclusioni

Nel tango della Guardia Nueva sopravvivono modelli ritmici che appartengono a tutta la tradizione musicale latinoamericana. Il più importante tra questi è la sincopa caracteristica che ha origine dalla poliritmia dei tamburi africani, dalla binarizzazione delle forme spagnole basate sul ritmo sesquialtero africano, dalla creolizzazione delle forme binarie in voga in Europa. Oltre a specifici modelli ritmici, il tango che si ascolta oggi nelle milongas ha ereditato una prassi esecutiva disponibile alla sincopazione e all’off-beat. Si potrebbe definire la “sandunga” del musicista di tango. Tutte queste caratteristiche si sono sposate negli anni della grande immigrazione in Argentina con l’abilità melodica e compositiva degli italiani, generando un tango intrinsecamente creolo e multiculturale.

NOTE:

1 Lauro Ayestaran, La musica en el Uruguay, 1953, p.68
2 Fernando Ortiz, Contrapunteo cubano, 1940, p.97
3 Armando Rodríguez Ruidíaz, El origen de la música cubana. Mitos y realidades, p.25
4 George Reid Andrews, The Afro-Argentines of Buenos Aires. 1800-1900., 1980, The University of Wisconsin Press, p. 81
5 Lauro Ayestaran, La musica en el Uruguay, 1953
6 Gustavo Goldman, Lucamba. Herencia africana en el tango. 1870-1890, Montevideo, Perro Andaluz
7 Olly Wilson, The Significance of the Relationship between Afro-American Music and West African Music, The Black Perspective in Music 2/1 (1974), p.3-22.

8 Joseph Hanson Nketia, Drumming in Akan Communities of Ghana”, Thomas Nelson and Sons Ltd., Edinburgh, Scotland, 1963
9 Kariamu Welsh-Asante, African Dance, Chelsea House Publications, 1996 p.28
10 Linares – Nunez 1998: 189 in Goldman p.126
11 Alejo Carpentier, Ese músico que llevo dentro. La Musica En Cuba.
12. Obras Completas., p.320 12 Emilio Grenet, Popular cuban music, p.15-17
13 idem, p.24
14 Lauro Ayestaran, La musica en el Uruguay, 1953, p.89
15 Roberto Selles, Historia de la milonga, Marcelo Oliveri Editor, 2004
16 Peter Manuel, The Guajira between Cuba and Spain. A Study in Continuity and Change
17 Néstor Ortiz Oderigo, Las huellas del negro en la música popular. Latitudes africanas del tango, p.3
18 Raoul et Marguerite Béclard d’Harcourt, La Musique des Incas et ses survivances, 1925
19 Armando Rodríguez Ruidíaz, El origen de la música cubana. Mitos y realidades, p.21
20 Rolando Pérez, La binarización de los ritmos ternarios africanos en América Latina, Casa de las Américas, La Habana, 1987
21 Isabel Aretz y Luis Felipe Ramón y Rivera, Areas musicales de tradición oral en América latina
22 Rose Brandel, The Music of Central Africa an Ethnomusicological Study
23 Emilio Grenet, Popular cuban music, p.18
24 Armando Rodríguez Ruidíaz, El origen de la música cubana. Mitos y realidades, p.14
25 idem, p.32

HA SCRITTO PER NOI #
Fabio Michelini

Da più di venti anni si dedica al tango argentino ballato. Ha studiato con Gustavo Naveira e Giselle Anne, Mariano Frumboli e Juana Sepulveda, Tetè Rusconi, Federico Rodriguez Moreno, Carlitos Espinoza e Noelia Hurtado, Alejandro Larenas e Marisol Morales. Con Lisa Avanzi insegna nei corsi, nelle pratiche, nei seminari e nei laboratori proposti dall'Associazione Socialtango. Ha approfondito in particolare la relazione tra musica e movimento nei seminari proposti sul territorio nazionale. Ha pubblicato alcuni articoli (http://www.socialtango.it/view/article/40) e registrato un'intervista con la radio CrossOverTango (http://radiocrossovertango.blogspot.com/2017/09/fabio-michelini.html) sull'interpretazione della musica nel ballo e su alcune tematiche storico-musicali del tango. Pur prediligendo di gran lunga il ballo in sala, occasionalmente si esibisce con Lisa Avanzi. Laureato a pieni voti in chitarra classica presso il Conservatorio di Verona "Evaristo Felice Dall'Abaco" e perfezionatosi presso l'Accademia "Francisco Tárrega" di Pordenone, insegna strumento e teoria musicale da trenta anni. Ha in attivo numerosi concerti sia come solista che in formazioni cameristiche, dove si è cimentato in repertori classici ed extra-colti. Con il duo Barrio Mundo ha eseguito nelle milongas il tango tradizionale, in particolare riproponendo lo storico duo di Troilo e Grela. È inoltre diplomato in Informatica e laureato in Economia Politica.

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